venerdì 4 luglio 2014

La Zuita '@v@'


Mi piace esplorare posti nuovi.
Anche (o soprattutto?) se sono posti vicino a casa e ci si passa davanti (anche dietro ultimamente) un'infinità di volte perchè ogni volta è comunque una scoperta.

Finora il Civetta era una montagna mitica, sulle cui pareti (o, meglio, "la parete") sono state scritte grandi pagine della storia dell'alpinismo, ma di cui avevo solo delle idee molto frammentarie.
A dire il vero adesso non sono molto più complete, ma almeno posso dire di aver pestato qualcosa, di avere qualche immagine da poterci costruire un pezzetto di mappa mentale in più ...  
E le prossime saranno le PSM! :-)
Per quanto strano, il nome non mi ha mai incuriosito più di tanto ... ho sempre pensato che da qualche angolazione particolare il monte potesse ricordare la sagoma dell'uccello (tanto più che ho spesso sentito parlare anche de "l'occhio del Civetta"...?) ma, appunto, non avendone mai avuto un idea precisa, l'ho sempre tranquillamente accettato così. 

Ad ogni modo ...


Le idee per domenica erano ben altre, ma le previsioni meteo poco invitanti e la neve ancora presente in quota (ANCORA!!!), ci hanno fatto arrivare nei dintorni di Agordo senza avere un'idea precisa.
Poi, tempo di una bella colazione profumata che, memore di un'altra giornata piovosa dello scorso inverno che ci aveva fatto rinunciare alla salita al rifugio Vazzoler con le ciaspe, mi è bastato avanzare la proposta per decidere la meta e puntare dritti dritti al parcheggio della Capanna Trieste.



Arrancando per salire ad un passo un po' più sostenuto del solito e senza bastoncini (sto facendo finta di allenarmi, OK?!) siamo arrivati al rifugio abbastanza velocemente (anche se superati da runners di varie età e fogge), non senza però gustarci il panorama: la strada in questa stagione abbonda di orchidee, garofani, rododendri e gerani e, lungo la vallata, i numerosi salti d'acqua sono arricchiti dalla neve che si sta sciogliendo. Salendo di quota, poi, si apre la visuale sulla Torre Trieste e, più in là Torre Venezia ed i Cantoni di Pelsa: di fronte a simili conformazioni rocciose dalle forme evocative (soprattutto se avvolte dalle nubi) non è mi difficile capire il fascino che possono esercitare sugli alpinisti ...






Le nuvole giocavano veloci su e giù per le cime, lasciando solo pochi istanti di spazio ai raggi del sole, ma raggiungiamo il Vazzoler, che il tempo sembra ancora tenere ed è presto, così decidiamo di continuare. Nonostante il cielo grigio (praticamente impossibile fare delle foto decenti) la camminata è molto piacevole: dal rifugio si alternano tratti boscosi, pascoli verdi ed zone rocciose che, per mia gioia, abbondano di fiori di tutti i tipi.
Alla fine arriviamo fino alla Sella di Pelsa: laggiù in fondo si intravvede già il rifugio Tissi e la voglia di raggiungerlo per andare a godersi la vista de "la Parete" sarebbe tanta, ma è distante più di un'ora ed il tempo sta peggiorando velocemente.
Se pur a manlincuore, ritorniamo sui nostri passi ma, nel dubbio di riuscire a schivare la pioggia, ci concediamo una deviazione alla malga indicata da invitanti cartelli "speck-latte-formaggio".







Arriviamo a Malga Pelsa mentre cadono alcune gocce di pioggia: sotto un telo ci sono un paio di tavoli con le panche addossate e una donna sta ritirando i panni stesi. E' magra, con i capelli grigi stretti con un cocòn (chignon) ed indossa un semplice vestito lungo rosa sbiadito con sopra il grembiule. In quella esce sulla porta anche il malgaro (il figlio o il genero?), tarchiato e con la pelle come cuoio scurito dal sole.
Salutiamo con educazione, ma l'idea di un riparo, se pur momentaneo, mi fa audace e chiedo se è quella la malga del cartello. L'uomo con uno spiccato accento tutt'altro che bellunese, ci invita in casa.
Nella penombra calda dell'ampia sala-cucina un ragazzino biondo steso sul pavimento è intento ad inventarsi un gioco con un pezzo di cartone, mentre la nonna nell'angolo sta piegando i panni appena ritirati tra il vapore delle pentole del pranzo.
Ci fanno entrare in una piccola stanzina dove ci sono le tavole con i formaggi freschi messi ad asciugare e gli speck appesi. Nell'angolo vicino alla porta, in una bacinella d'acqua, c'è un panetto di burro giallo stretto in una formella di legno. Mi piace questo posto: annuso l'aria ed osservo avida ogni particolare.
Il malgaro fa il suo rito con gesti asciutti: ci fa assaggiare il formaggio fresco e lo speck (buonissimo!) mentre scambiamo poche battute sul tempo. Ci dice che sono della Val Sarentino, il che spiega il forte accento teutonico.
L'idea iniziale era di una semplice merenda veloce (forse fattibile con il bel tempo, se ci fossero stati altri turisti), ma a questo punto non possiamo fare a meno di comprare anche qualcosa.
Qualcosa di buono, di genuino, fatto da mani sapienti che tramandano gesti antichi ... no dico, mica siamo al supermercato con lo speck che sa di ... bh ... Che li val bene qualche euro in più il formaggio che sa di latte fatto direttamente dalle mani di chi ha munto le mucche ...



Intanto ha smesso di piovere, così scendiamo velocemente al Vazzoler.
Arriviamo giusto a mezzogiorno e l'aria attorno al rifugio profuma di buono, così non ci mettiamo tanto a decidere di entrare a mangiare. Scelta azzeccata sia per il cibo sia per il meteo: tempo di sederci a tavola che comincia a diluviare.
Ci godiamo il pranzo con calma sperando che smetta di piovere poi, rassegnati, ci bardiamo ed approfittiamo di un momento di tregua per metterci in cammino per il rientro. Scendendo incrociamo altri escursionisti arrancanti sull'arrivo in rifugio (sta volta in effetti siamo partiti in anticipo noi), ma giusto un cenno di saluto e proseguiamo il più velocemente possibile verso valle: anche se siamo riusciti a fare un bel giro (alla fine quasi 900m di dislivello), se evitavamo di bagnarci eravamo pure più contenti ...   :-)

Ad ogni modo ...

Dico sempre che sto prima a dire che sto prima a dire i posti dove sono stata che ad elencare tutti quelli che mi mancano (anche se, un passettino alla volta, sto cercando di provvedere) ... ed il Civetta - mea culpa - era uno dei tanti.
Ma ora, a pensarci bene, se civetta è stryx, allora credo proprio che questa montagna sia un bel posto da una Strega e che ci dovrò tornare ancora ... (come se non stessi già pensando alla vetta)


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