lunedì 31 agosto 2015

Avanza ...


… ancora un giorno di questo ultimo mese d’estate che una cima la val bene …

Vale la pena trovare gli amici con una luna che pare già un tramonto e invece non è ancora un alba: anche se la giornata è di quelle un po’ “nì” e le ginocchia scricchiolano, l'importante è andare …

Il sentiero sale dritto verso un cielo senza nuvole - impietoso e bellissimo - e poi si arrotola su cenge aeree che a tratti levano il respiro più del calore.
E allora non posso che prendere le mie incertezze,  buttarmele alle spalle e cercare di perderle in uno zaino scandalosamente leggero.
Che pure avere sulle spalle la responsabilità di un gruppo ha il suo peso. 







 





In questo arcipelago di calcare che segna il confine delle Dolomiti, mi ritrovo a guardare in giro e chiamare per nome cime lontane come se fossero vecchi amici.
Di fronte all'Avanza il Chiadenis e  - sull’altro fronte - il Peralba, con la sua lunga schiena da cetaceo bianco



martedì 25 agosto 2015

Ferragosto ... non ti conosco


Già a Ferragosto te ne accorgi: la magia dell’estate sembra perdere forza, va affievolendosi come la luce delle giornate sempre più corte … e tempo una decina di giorni - sarà forse per la fine delle ferie?! -  ti ritrovi a pensare nientemeno che mancano quattro mesi a Natale!
Sembrerà assurdo, con ancora il ricordo nelle gambe del straordinario trekking attorno al Monviso e dell’incantevole Alpe di Devero.
Eppure è così! Conti uno, due e al tre sei già che non sai come districarti tra pranzi e cenoni a turno tra parentadi vari e amici, nel disperato tentativo di ritagliarti un’ora d’aria in quota per cercare di smaltire almeno una minima percentuale di calorie e di godere un po’ di sano silenzio …

Che poi dopo Natale comincerà pure il freddo, ma ritorna anche la luce.
E un po’ anche la voglia di estate.

venerdì 21 agosto 2015

Viaggio Leggera


L'inizio di un nuovo giorno dal rifugio Q. Sella




Comincia con un refolo di idea. Gira, rigira, prude nel naso … ma poi magari da qualche parte finisce per attecchire.
E così, senza nemmeno accorgermene, cominciano a fremere gli scarponi – nascosto da qualche parte ci deve essere un gene nomade primordiale – e mi ritrovo già pianificare i miei passi lungo nuovi orizzonti. Poco importa che siano quelli dietro casa oppure in luoghi di cui si debba sillabare un po' di volte il nome prima di cominciare a farci confidenza.

Per me l'inizio di un viaggio è anzitutto dare forma alle idee – che, se non si fa attenzione, tendono pure a moltiplicarsi in fretta – con una collezione di carte, guide, relazioni e liste su cui cominciare a tracciare dei progetti.
Per cercare di placare le mie ansie, prima di partire, sarei tentata di voler già fissare gli infiniti fregi di ciò che ancora non conosco come segni su pergamena, scolpire su pietra ogni possibile deviazione del labirinto di possibilità.
Ma, mentre i giorni sul calendario volano rapidi nelle luci della sera ed il momento della partenza si fa sempre più vicino, non mi resta che esorcizzare le paure prendendo contatto con ciò che sarà l’estensione delle mie certezze domestiche: lo zaino.
Lo svuoto, inventario, riempio, peso - e soppeso - con sempre maggior frequenza. Alla fine sarà il suo contenuto a definire la dimensione del mio andare: le inevitabili rinunce saranno la misura della mia esposizione verso l’ambiente esterno, ma anche la mia indipendenza.

Ma un viaggio è ancor più che semplice spostamento da A a B - ma non mi basterebbe un intero alfabeto – da pianificare millimetricamente e, ad un certo punto, arriva il momento di mettersi alla prova sul terreno.
E già lo so. Mi basta il primo passo per resettare tutto e cominciare a farmi guidare solo da muscoli, respiro e sguardo. A lasciare che sia il vento a trasportare il mio animo, mentre sogno e percezione si fondono e si incidono sotto pelle, così come gli elementi ne scolpiscono l’esterno. Far sì che l’occhio si faccia strumento di memoria ancor più della macchina fotografica e che l’istinto impari a guidare anche dove non è mai arrivato prima. 

Semplicemente: a lasciarmi andare e vivere la mia avventura …


domenica 16 agosto 2015

La Solitudine di un Lago asciutto



 


Pare incredibile che in queste montagne, dove l'acqua scorre abbondante in lunghi torrenti, si perde tra la vegetazione dei piani, brilla in mille salti oppure riposa limpida nei tanti bacini più o meno naturali, si possa trovare un lago che ha perso la sua anima e giace così, grigio e desolatamente vuoto ...


Monte Cazzola - Alpe Devero (VB)


ALPegGio






Ovvero Alpe Devero: larici, rododendri e mirtilli.
Come quanti non ne avevo mai visti prima!

Che l’esplorazione cominci!

sabato 15 agosto 2015

Giro Di Viso


Come se non fosse bastato il recente 150° anniversario del CAI \a far nascere una prima curiosità per il Monviso, durante il viaggio pasquale a Torino, scrutando la pallida linea dei monti ancora innevati all'orizzonte, si era rafforzato non poco il desiderio di vedere prima o poi da vicino questa montagna.

Così, sul finire di luglio ci siamo organizzati per compiere il trekking - compiuto per la prima volta nel 1839 dallo studioso e alpinista J.D. Forbes - conosciuto come Giro di Viso.
A dispetto del nome - Mons Vesulus - né prima, né tanto meno dopo, il trekking siamo riuscita a scorgere dalla pianura una benché minima parte del gruppo montuoso. Anzi, a dirla tutta - considerando anche la sua posizione rispetto all'arco alpino, al mare (circa 150km in linea d'aria) e soprattutto alle condizioni meteo di questo agosto - credo che siamo stati anche fortunati a riuscire a vederlo bene durante i due giorni centrali del giro.



Partiti all'alba dell'11 agosto, da uno sperduto alloggio nel bel mezzo dei frutteti della piana saluzzese - rincorrendo già con lo sguardo le prime dorsali che risalivano dalle vallate e che si perdevano subito tra le nuvole - abbiamo raggiunto il piccolo paesino di Crissolo e da qui, tramite navetta, siamo arrivati al Pian del Re a quota 2000m.
Come tutti, prima di metterci in cammino, ci siamo concessi qualche foto di rito alla sorgente del Po, quindi, allontanandoci via via dalla gran parte dei turisti, dopo un primo tratto ameno - tra acque, fiori e prati verdi - appena svoltato l'angolo ci siamo ritrovati a risalire trasversalmente una immensa pietraia di origine morenica.
Purtroppo del Viso, a causa di una densa coltre di nubi che stazionava abbastanza stabilmente dai 3000m in su, non se ne è avuto che qualche fugace apparizione. E, per quanto mi riguarda, tanto mi è bastato per restare impressionata dall'imponenza di quel poco dei  3842m della vetta visibili e soprattutto dall'aspetto poco invitante delle creste cupe e frastagliate del versante nord est.
Al termine della salita, passando alla base del Viso Mozzo - una poco estetica cima rocciosa a forma piramidale, con il versante orientale tagliato a picco (appunto mozzato) sulla vallata - siamo arrivati al Colle del Viso, dove il panorama si apre sulla conca del Lago Grande, su cui si affaccia il Rifugio Quintino Sella (2740m).
Qui, dopo un ottimo minestrone - giuro, il migliore che io abbia mai mangiato in vita mia! - e avendo ancora la maggior parte del pomeriggio da impegnare, abbiamo deciso di sgranchirci gli scarponi raggiungendo proprio la facile cima del Viso Mozzo che, con i suoi 3019m (!), ci ha dato un ottimo punto di osservazione sulla pur foschiosa valle del Po e sul primo tratto del percorso del giorno successivo.
Scesi in tempo per un po' di relax prima di cena ci siamo poi ritrovati a doverci destreggiare in una baraonda di gente (soprattutto escursionisti francesi impegnati nel Tour e alpinisti di varie nazionalità già galvanizzati per l'ascensione alla vetta del giorno innanzi): con oltre ottanta posti letto, e un numero imprecisato di campeggiatori, le sale da pranzo erano a dir poco gremite ma, grazie alla organizzazione "marziale" dei gestori, alla fine siamo riusciti a trovare il posticino a assegnatoci.
Proprio sotto l'effige bonaria del Quintino nazionale, grazie al quale nel 1863 venne fondato il Club Alpino Italiano a seguito della prima ascensione italiana al Monviso ... che nel frattempo si era finalmente liberato dalle nuvole ed incoronato dall'aura del sole al tramonto sul versante opposto.





 
 

 



 




Il secondo giorno è iniziato con la calda luce del sole nascente che illuminava d'oro le pareti del Viso ormai perfettamente limpido. Non potrei proprio immaginare un modo migliore per cominciare una giornata!
Preso il sentiero appena dopo colazione - tallonati e superati subito da un gruppetto di arzille signore francesi over anta - abbiamo superato il Passo Gallarino (2727m) e quello di San Chiaffredo (2764m), annunciato da una incredibile quantità di ometti dalla struttura più o meno articolata moltiplicati all'infinito dai tanti specchi d'acqua. Certo non potevamo non lasciare anche noi il nostro contributo ...
Superati i passi, e cambiato così versante, abbiamo iniziato una lunga discesa, dapprima per un vallone roccioso piuttosto disagevole, quindi - finalmente su un sentiero comodo - per i boschi ombrosi di cembri e larici fino a raggiungere il Vallone di Vallanta.
Qui abbiamo cominciato a risalire per la tranquilla mulattiera che percorre tutta la lunga e verdeggiante vallata ai piedi del versante sud orientale del Viso, che da questo lato si presenta come una successione di placche levigate, fino ad arrivare al Rifugio Vallanta (2450m).
Visto da fuori le forme moderne del rifugio appaiono decisamente inconsuete, essendo strutturato su pianta triangolare e con un unico spiovente, ma l'interno, se possibile, è ancora più singolare: i letti nel sottotetto hanno una particolare struttura a castello "multipiano" articolato in modo da poter sfruttare al massimo lo spazio disponibile ... ed ottenere una splendida esecuzione corale di "fiati" in notturna ...




 


 





 





Come lasciava intuire barometro già la sera prima, il terzo giorno le condizioni meteo erano in veloce cambiamento.
Partiti come sempre di buon'ora, seguiti a ruota dal peloton delle madame francesi, abbiamo risalito la testata del Vallone di Vallanta - a queste quote arricchito da incredibili fioriture di stelle alpine - e raggiunto il Passo (2815m) che il sole sfiorava appena le cime più alte.
La discesa lungo il versante francese si è rivelata piuttosto complicata - un po' per il fondo di rocce instabili, un po' per aver perso la traccia principale - ma fortunatamente l'avere ai piedi dei robusti scarponi ha indubbiamente i suoi vantaggi  ... Se non altro più che non scorrazzarsi appresso chessò ... una chitarra?! O_o
Dopo aver finalmente raggiunto la valle erbosa, siamo risaliti in direzione del Refuge du Viso e da qui, per l'ampio catino che si faceva man mano sempre più roccioso, fino al Tunnel de la Traversette o Pertuis du Viso - o meglio il Buco di Viso - un traforo lungo 75m realizzato sul finire del XV secolo per volere dei Marchesi di Saluzzo al fine di facilitare il commercio di sale (ma non solo ...), evitando il meno agevole passaggio al vicino Col delle Traversette (2950m).
Dopo il dovuto scambio di foto ricordo con una coppia conosciuta lungo il cammino, ci siamo "tuffati" anche noi nel buio del tunnel e ... niente! Il versante italiano ormai era completamente perso in una coltre di nuvole impenetrabile. Erano visibili giusto la manciata di metri sufficiente per seguire il ripido sentiero ai lati del quale sono accatastate enormi matasse di filo spinato arrugginito abbandonate lì dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Contrariamente alla maggioranza degli escursionisti che dal Buco di Viso scendono direttamente al Pian del Re per concludere il Giro, noi avevamo previsto di risalire al Rifugio Giacoletti (2744m) per poter vedere da vicino alcuni laghi il giorno successivo. Così, dopo esserci abbassati fino a quota 2500m, abbiamo imboccato l'aerea cengia del Sentiero del Postino  - ma dovrei smetterla di farmi influenzare da difficoltà più temute che reali! - e risalito un cupo, erto ed umido canalone, fino a sbucare sulla forcella alla base dei bei contrafforti orientali di Punta Udine, nido d'aquila dove sorge il rifugio, davanti al quale ci siamo ritrovati quasi all'improvviso, come un miraggio evocato da un pellegrino sperso nella bruma ... Nemmeno un'ora dopo il nostro arrivo - quando ormai ci stavamo godendo un po' di riposo in branda al calduccio delle coperte - ha cominciato a piovere a dirotto.
Dopo la quantità di gente incontrata nei due rifugi precedenti, ci è parso un po' strano ritrovarci tutti attorno a due sole tavolate - una con dieci francesi e l'altra con otto italiani (4 coppie, noi compresi) e un francese impegnato in un lungo tour del Queyras - a passarci i piatti e a chiaccherare assieme tra un bicchiere e l'altro fino a "tarda" sera ... sembrava quasi una delle nostre serate tra amici in bivacco (ma quello forse anche per la quasi totale mancanza di acqua corrente)!

















 




L'ultimo giorno, dopo una colazione frugale (beati gli ultimi ...) e con il paesaggio completamente annullato da delle nubi grigie poco invitanti, abbiamo lasciato il rifugio per scendere a valle.
Dei laghi che si voleva vedere, dopo un fugace avvistamento dall'alto, poi siamo finiti con il finire quasi con i piedi a mollo nel primo laghetto ancora prima di riuscire a scorgerlo, ma riuscendo se non altro siamo riusciti a vedere abbastanza discretamente quello successivo più grande ...
Ad ogni modo la cosa positiva di una giornata così grigia ed umida - oltre alla scarsità di bipedi in giro - è stata la possibilità di poter osservare da vicino un po' di fauna locale, tra cui ben dieci esemplari di un simpatico esserino endemico "nero liquirizia" da me prontamente rinominato "Salamandra Banzai" (Salamandra di Lanza) che, dacché ne avevo letto, tanto smaniavo di vedere.
Purtroppo, molto meno simpatica è stata la scoperta che la navetta per il rientro ci aveva bellamente  lasciato a piedi - con oltre mezz'ora di anticipo rispetto all'orario di partenza indicato!!! - mentre ci rifocillavamo al Rifugio Pian del Re così, dopo una vana attesa con la minaccia di pioggia imminente, ci siamo rimessi gli zaini in spalla e, complice l'incazzatura, siamo scesi al trotto fino all'auto ...
Qui, finalmente alleggeriti di zaino e scarponi, abbiamo festeggiato la fine del Giro con un bel panino appena sfornato con l'ottimo formaggio di malga acquistato da una simpatica signora al Pian del Re mentre aspettavamo la navetta "fantasma" ... Alla faccia di chi prende il suo lavoro alla leggera!












Prima o poi - chissàquando -  ritornerò a fare il Giro di Viso, magari modificando qualche tappa per conoscere meglio anche posti diversi ... ma intanto ci sono nuove avventure ad aspettarci per questa estate! :-)



Con questo giro ho "scoperto" che i trekking - se fatti con le persone giuste e con la dovuta calma - mi piacciono davvero molto!
E' una dimensione di viaggio entusiasmante: ogni giorno è un'avventura - spesso anche una sfida, soprattutto con sé stessi ed i proprio limiti - una scoperta di luoghi sempre nuovi che, grazie alla "velocità" della marcia a piedi, permette di apprezzare a pieno l'ambiente circostante - colori, profumi, sapori ... - e di entrare in contatto con le persone che si incontrano lungo il cammino ...