martedì 28 marzo 2017

Via col Vento


Finalmente soddisfatta la (mia) voglia di neve, anche questa domenica, complice il meteo incerto, abbiamo disertato le alte quote per continuare con le nostre esplorazioni sulle due ruote ...
Abbiamo "scoperto" che quando non riusciamo ad andare in montagna le bike sono un ottimo "ripiego" per tenersi in movimento e per vedere luoghi che di solito non frequentiamo.
Come ad esempio il ... mare !


Visto il cambio dell'ora sfavorevole, siamo partiti in tarda mattinata - cosa che, rispetto alle partenze antelucane delle escursioni, comincio ad apprezzare parecchio - con l'idea di raggiungere Palmanova, ma già in autostrada, causa "manifestazione sportiva", ovvero una maratona da Palmanova ad Aquileia, siamo stati costretti a cambiare il nostro programma in velocità.

Così, ripiegato sulla meno blindata Cervignano, siamo riusciti a trovare un angolo tranquillo dove parcheggiare. Poi, sfruttando le strade chiuse al traffico automobilistico, abbiamo raggiunto facilmente la ciclabile dell'Alpe Adria e, un volta immessi abbiamo puntato dritti - come un treno! - verso Grado.

Già dalle prime pedalate però si è manifestato subito l'elemento che avrebbe poi caratterizzato il resto della giornata: il VENTO!
Partiti con una leggera brezza che dal mare soffiava verso l'entroterra, il primo tratto si è comunque dimostrato impegnativo solo a causa della presenza - oltre che dei soliti ciclisti e pedoni - per la marea di "podisti della domenica" tutto attorno ad Aquileia, per una marcia amatoriale concomitante alla maratona.
Finalmente driblato anche l'ultimo punto di ristoro, abbiamo poi raggiunto in breve Belvedere, dove un odore di freschìn salmastro ci ha rivelato la laguna ancor prima di passare l'ultima curva e trovarci di fronte al lungo terrapieno che, come un cordone  ombelicale, unisce Grado al resto delle terre emerse.




Da lontano, con la foschia che confondeva all'orizzonte le sagome dei palazzi turistici, devo dire che sono rimasta anch'io affascinata dal panorama. Poi, pedalando attraverso la laguna, mentre le increspature metalliche dell'acqua svelavano qua e là una folaga in beccheggio oppure qualche trampoliere con i piedi a mollo più ridosso a riva, ci siamo ritrovati tra le strade del centro città e d'improvviso la bellezza del luogo è quasi del tutto svanita ...

Per noi che siamo abituati agli ampi orizzonti montani, per quanto piccola, Grado si è rivelata un vero labirinto di sensi unici, canali, impianti balneari e strade chiuse da cui, sempre seguiti dallo sguardo torvo dei gabbiani, abbiamo faticato non poco ad uscire.
Certo qualche cartello in più non guasterebbe!
Finalmente ritrovata la nostra ciclabile verso Grado Pineta, abbiamo attraversato in fretta il triste (dis)abitato e, vento in faccia, mentre il cielo alle nostre spalle si stava facendo sempre più scuro e minaccioso, siamo usciti velocemente verso il litorale.
Raggiunta la riserva naturale di Valle Cavanata e trovato rifugio in un osservatorio, ci siamo concessi una breve pausa ristoratrice al riparo dal vento freddo, approfittandone anche per dare un'occhiata discreta agli uccelli acquatici, soprattutto anatre di vario tipo - più o meno indaffarate - e diversi cormorani con le loro ali "appese".



Una volta riposati, inforcate di nuovo le bike, abbiamo puntato al vicino Centro visite, dove abbiamo potuto scambiare qualche interessante informazione con la gentile custode prima di proseguire verso l'argine esterno della valle.
Qui la pista, che passa proprio sulla sommità dello sbarramento, permette sia di allargare lo sguardo verso il mare aperto, con il Golfo di Trieste racchiuso ad est dal dolce profilo del Carso, sia, nel contempo, di avere una vista dell'interno, con i campi squadrati ricavati dai terreni di bonifica e, sullo sfondo, l'inconfondibile ciminiera di Monfalcone.
Di contro a tanto panorama è stata l'esposizione diretta alle raffiche di vento - di maestrale? - che spazzava di lato senza tanti complimenti.
Ad un certo punto ho dovuto persino scalare marcia per resistere ...
Nonostante le sferzate ci siamo comunque fermati ad ammirare dei kite surf che sfrecciavano e saltavano rimbalzando sulla superficie del mare, almeno fino a quando, incalzati dalle prime gocce di pioggia, non siamo ripartiti di corsa. Fortunatamente poco più in là, presso Punta Sdobba, appena alle spalle delle foci dell'Isonzo, abbiamo trovato un riparo minimo nell'ennesima struttura chiusa per bassa stagione.



 

Dopo pochi minuti, smesso di piovere, abbiamo ripresa la strada - e finalmente con il vento a favore! - siamo rientrati verso Aquileia, dove abbiamo potuto fermarci per un meritato panino - gudurioso, sebbene innaffiato da una castissima spremuta - proprio di fronte alla celebre Basilica patriarcale.
Peccato solo non aver avuto l'abbigliamento adeguato per una visita all'interno.



 


Accompagnati ancora da qualche ultima goccia di pioggia, ben ristorati, abbiamo affrontato l'ultimo breve tratto del rientro, mentre ad est, quasi a salutarci, le Giulie si svelavano nella luce pulita della sera e, alle loro spalle, appariva diafano il Kanin.



Lungo la strada, a parte un'altra coppia con cane in trasportino (!), abbiamo incrociato solo qualche attempato viso teutonico ... forse per colpa della giornata grigia e ventosa, o forse per colpa (o per fortuna?) della bassa stagione, ad ogni modo queste ciclabili sono davvero una gran bella invenzione ed il giro meritava davvero!

Comunque penso proprio che questo sarà l'anno delle mete marittime ...  

giovedì 23 marzo 2017

UniChe - un caffé (lungo) tra Amiche


L'avevo detto no?! Che avevo già ben presente il rifugio per il nostro terzo appuntamento ...

A dire il vero sarebbe stata la mia prima scelta già tre anni fa, oltre che per panorama spettacolare anche per facilità di accesso e per la possibilità di effettuare escursioni adatte sia a chi vuole un dislivello contenuto (per avere più fiato per chiacchierare) sia per chi invece trova più rilassante una bella sfacchinata (chiacchierando) in quota.
Il primo anno l'idea di riunire un po' di Donne per andare in rifugio era nata in maniera abbastanza estemporanea e quindi non avevo nemmeno tentato, ma l'anno scorso ero arrivata tardi con la richiesta di prenotazione e me l'ero legata un po' al dito ... così quest'anno mi sono presa per tempo. Molto per tempo! 
Tipo che ci mi sono mossa quando stavamo ancora godendo gli ultimi giorni caldi dell'autunno ...
E non si tratta certo di una spa ultrachic, ma del piccolo e molto frequentato rifugio Città di Fiume.
Il fatto è che a questo rifugio ci sono un po' legata sentimentalmente, quindi ci tenevo anche a pernottarci prima o poi (ed ora anche a tornarci di nuovo!) ...


Raggiunto l'ampio parcheggio poco sotto Passo Staulanza, nel tardo pomeriggio di sabato, ci prepariamo tranquillamente per la breve salita al rifugio.
Lungo la strada, nonostante la pendenza moderata, ci fermiamo ad ogni occasione: che si tratti di un tratto ghiacciato, un altro gruppo che scende o un bel panorama da ammirare, tutte le scuse sono buone per tirare fiato e chiacchierare meglio ...
Mi stupisco ancora che si sia riuscite ad arrivare a destinazione prima di notte!







In rifugio, dopo esserci ben sistemate, occupiamo la sala da pranzo (arriveranno poi solo un altro paio di escurionisti per la notte) e ne approfittiamo per formare il nostro tavolo "quadrato".

Ovviamente gli intensi "scambi di informazioni" sono animati anche durante l'ottima cena e dopo, ben oltre il consueto orario di coprifuoco dei rifugi (ma, a nostra discolpa, questo solo perché uno dei gestori non riesce a resistere e alla fine si inserisce nei nostri discorsi, facendoci fare tardi ...).


Dopo una nottata tranquilla, al canto della Gallina, riprende il nostro chiocciante andirivieni tra camere e bagni (gli altri due escursionisti se la svignano non appena ci vedono). Poi a colazione ce la prendiamo con comodo: tra un caffé e un pane e marmellata, gli argomenti sono tanti e ci vuole tempo per svilupparli per bene!

Finalmente - con il sole già alto nonostante le nuvole - ci decidiamo a lasciare il rifugio per fare qualche passo.
Parto alla testa del mio piccolo e ciarliero drappello "in rosa", sempre facendo brevi tratti di cammino tra una pausa e l'altra. L'idea (mia) sarebbe quella di arrivare fino a forcella Ambrizzola: il dislivello è contenuto, ma il percorso è piuttosto lungo e con il ritmo che abbiamo preso comincio già a dubitare di riuscire a raggiungere la meta.






Con questa andatura aggiriamo le pendici del Col della Puina ed arriviamo ad un primo balcone panoramico verso il Cadore.
Dopo le ultime foto tutte insieme è ora di cambiare passo: il gruppo si divide, in due ci seguiranno con calma a distanza, mentre noi ripartiamo di buona lena. Almeno finché non comincia a tirare un po' la salita....





Risalendo verso malga Prendera, mentre facciamo una breve sosta per tirare il fiato  - e fare pure un po' di "siparietto" scherzoso - ne approfitto per infilarmi le ciaspole.
Fino a qui di può dire che abbiamo fatto un'escursione primaverile e, a dire il vero, nemmeno verso l'alto si vede molta neve - sarà un mezzo metro o poco più nei punti di accumulo - ma la temperatura comincia a farla "mollare" appesantendo il passo, oltre a cominciare a sprofondare un po' troppo spesso per i miei gusti.
E poi ... mi sarò ben portata le ciaspe fin qui per qualcosa! Se non le uso ora, temo proprio che non ci saranno altre occasioni in questo inverno ormai allo scadere dei termini.

Così, mentre un paio preferiscono procedere senza ciaspe, con le altre cerchiamo la (poca) neve e, con nuovo entusiasmo, riprendo subito a guidare la salita con una certa foga, salvo poi rallentare dopo pochi metri ... camminare con le ciaspe è gioia pura, ma chi se lo ricordava più che fosse così faticoso! 





 

Per fortuna posso contare su qualche cambio a battere traccia in salita e in breve raggiungiamo la forcella sopra di noi, da cui finalmente possiamo ammirare l'ampio catino di Mondeval nel suo complesso.
Alla nostra sinistra il Col Dur mi tenta ma - memore di quanto sia ingannatore con la sua finta breve dorsale - stavolta non dico nulla. Alla nostra destra invece svettano le pareti frastagliate del Becco di Mezzodì. 
L'escursione potrebbe tranquillamente terminare qui, ma stavolta non posso evitare di far sapere anche alle altre che la forcella Ambrizzola - la nostra meta originaria - è a poco meno di un chilometro più in là, oltre un ultimo traverso ai piedi del Becco.
Detto fatto, mi lascio convincere a proseguire.




Con un po' di fatica percorriamo l'ultimo tratto, qualche passaggio è un po' dubbioso, ma passiamo senza problemi così alla fine arriviamo ad affacciarci sulla conca di Cortina per una breve sosta panoramica prima di rientrare.




Prima di iniziare la discesa ci concediamo una meritata pausa ristoratrice, quindi rientriamo cercando di allungare il passo e alla fine riusciamo a raggiungere anche le due amiche che avevamo lasciato alla mattina appena prima di arrivare di nuovo in rifugio.
Poi, dopo un'ultima breve sosta ed un saluto ai gestori, riprendiamo la strada verso il parcheggio.







Ci prendiamo ancora il tempo per un ultimo caffé a Passo Staulanza, poi via, non possiamo più lasciare ad aspettare i nostri uomini a casa ... il resto ce lo racconteremo la prossima volta!




Quest'anno c'è stato un certo rimpasto sulle presenze in tre non sono potute venire, ma in compenso si è aggiunta una mia neo ex-collega, alla sua prima esperienza sia di pernotto in rifugio sia con le ciaspe.
In effetti la scelta di invitarla mi ha posto alcuni interrogativi.
Negli ultimi tempi, ancor prima di avere conferma della sua partenza, forse intuendo già da lontano la situazione, mi sono accorta che - o magari sarà solo una mia impressione - si sia stretto un qualche nodo in più. Non so se per una necessità dettata dal maturarsi della consapevolezza di una perdita imminente - una sorta di timor panico? - o per una reale affezione amicale ...
In un certo senso la invidio: ha avuto il coraggio di cambiare la sua vita (lavorativa), cosa che per quanto mi riguarda non so ancora se sarò in grado di fare, ma di sicuro ora in ufficio - dopo quasi una decade di convivenza non sempre pacifica, anzi! - è venuto a mancarmi un punto di riferimento sia per fare qualche veloce battuta allegra sia per sfogare "qualche" incazzatura.Sarà solo forza dell'abitudine, o chissà, ma penso che sia un rapporto che valga la pena di approfondire, che magari non porti anche qualche buona ispirazione ...

giovedì 16 marzo 2017

OrienTe


Dunque. Fine settimana talmente intenso che sono ancora stordita e nemmeno io so da dove iniziare ...

Tanto per cominciare il sabato, dopo il minimo sindacabile di pulizie domestiche (come al solito) ed il consueto appuntamento in piscina, sono partita via di corsa per il mio primo allenamento di orienteering. Sì perché, come se non avessi già abbastanza idee malsane per conto mio, riesco a farmi promotrice anche di quelle degli altri.
Peccato che poi la Comare in oggetto fosse impegnata a sollazzarsi tra le nevi con i resto del Gruppo, così sono andata da sola a fare una prova.
E bh! Sinceramente me lo aspettavo un po' diverso (anche se forse è dipeso dall'ambiente in cui si è svolto), ma intanto sono riuscita a non perdermi - o a (ri)trovarmi? - e comunque mi ha lasciato la curiosità di riprovare per capire se è una cosa che può piacermi.


Finita la caccia al tesoro delle lanterne, non ancora stanca (nooo!), ho riattraversato mezza provincia per farmi portare fuori a cena. 
Che poi questo comportasse un'altra oretta di cammino per arrivare in cima al Visentin è solo un dettaglio, d'altra parte non si poteva rinunciare ad una luna (quasi) piena così!
Salendo brevemente da forcella Zoppei - verso il rifugio che, con tutte le luci e le antenne, sembrava proprio una base aliena - abbiamo potuto goderci in solitudine il silenzio della notte luminosa ed il firmamento urbano ai nostri piedi. Quasi non si potrebbe chiedere di più dalla vita.
A parte magari un po' di neve in più e qualche influsso lunare sull'umore in meno  ...







Per quanto riguarda domenica ... MMMHH ...
Diciamo che non è stata proprio una giornata semplice, con momenti della serie "chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo" ?


Ovviamente partiti sul tardi, dopo qualche indecisione, ci siamo risolti per un giro nella bassa friulana che avevo nella mia lista dei desideri da un po'. L'Anello del Ciavac.
Sulla carta sembrava un'escursione ad anello abbastanza facile e veloce, con partenza dal centro del paesino di Andreis. Ed in effetti il primo tratto del sentiero, rallegrato dalle prime fioriture della stagione, è stato molto piacevole.




E poi BH! Non sono mai stata un genio in psicologia, quindi a volte ho le mie serie difficoltà a capire gli altri, specie se non mi si dà un qualche aiuto ...
Su un sentiero è facile: quando non ti capisci più giri i tacchi e torni da dove sei venuto, che prima o poi ti ritrovi. Sempre che tu sappia dove (chi) eri prima di perderti ...
Beh, forse non è proprio così facile nemmeno in montagna, ma se non altro la metafora di vita calza molto bene.


Ad ogni modo, tornato all'escursione, dopo un bivio, andando a memoria sulle informazioni della guida che avevo letto, sono riuscita ad infilarmi dritta dritta su per il vallone sbagliato, perticando per quasi un'ora buona tra i grebani prima di arrendermi all'evidenza (per me non tanto!) e risolvermi a tornare indietro.
Quando si dice avere la testa dura ... e comunque a me la digressione selvatica è pure piaciuta!





Ritornati sulla traccia giusta, abbiamo dovuto riprendere quota per superare la forcella de Le Pitte e cominciare la discesa verso il fondo valle, a raggiungere il greto del torrente Susaibes.


E se prima della forcella abbiamo attraversato un ambiente di media montagna abbastanza classico, appena varcato la soglia del nuovo versante ci siamo ritrovati catapultati in un paesaggio che potrei tranquillamente definire primordiale: dal fondo ghiaioso la forra, attraversata da una linea tettonica, emergono enormi spuntoni rocciosi.
Sembrava che le rocce fossero state spezzate con violenza e rimaste poi aperte, come sventrate ... quasi mi aspettavo di veder apparire da un momento all'altro un lucertolone preistorico!




Infine, lasciato il corso del torrente, siamo risaliti verso il paese, ritornando a percorrere i piacevoli sentieri tra gli antichi borghi.


 


Fine settimana intenso anche solo a (ri)pensarlo ed a provare a scriverne.
Spesso mi chiedo chi me lo faccia fare di prendere tutti questi impegni, da dove nasca tutta questa bulimica voracità di fare sempre qualcosa: non credo che si tratti di semplice curiosità, ma che possa esserci anche una recondita necessità di compensare l'apatia della gioventù oppure, più probabilmente, che rappresenti una via di fuga/sfogo per l'insoddisfazione del lavoro attuale.
Il problema è che a volte mi sento davvero (quasi) incapace di fermarmi, di prendere fiato, fare il punto della situazione e cercare di orientarmi per andare avanti ... magari provando anche a non perdermi per strada nel frattempo. Anche se poi non lo so bene nemmeno io dove sto andando!

L'importante per me è continuare ad andare avanti - non necessariamete in linea retta - provando ad inventarmi man mano la mia Via ed orientandomi a vista - a cuore - magari (in)seguendo animali selvatici o facendomi guidare dalla luna ...