L'inizio di un nuovo giorno dal rifugio Q. Sella |
Comincia con un
refolo di idea. Gira, rigira, prude nel naso … ma poi magari da qualche parte
finisce per attecchire.
E così, senza
nemmeno accorgermene, cominciano a fremere gli scarponi – nascosto da qualche
parte ci deve essere un gene nomade primordiale – e mi ritrovo già pianificare
i miei passi lungo nuovi orizzonti. Poco importa che siano quelli dietro casa
oppure in luoghi di cui si debba sillabare un po' di volte il nome prima di
cominciare a farci confidenza.
Per me l'inizio di un viaggio è anzitutto dare forma
alle idee – che, se non si fa attenzione, tendono pure a moltiplicarsi in
fretta – con una collezione di carte, guide, relazioni e liste su cui
cominciare a tracciare dei progetti.
Per cercare di placare le mie ansie, prima di partire,
sarei tentata di voler già fissare gli infiniti fregi di ciò che ancora non
conosco come segni su pergamena, scolpire su pietra ogni possibile deviazione
del labirinto di possibilità.
Ma, mentre i giorni sul calendario volano rapidi nelle
luci della sera ed il momento della partenza si fa sempre più vicino, non mi resta
che esorcizzare le paure prendendo contatto con ciò che sarà l’estensione delle
mie certezze domestiche: lo zaino.
Lo svuoto, inventario, riempio, peso - e soppeso - con
sempre maggior frequenza. Alla fine sarà il suo contenuto a definire la
dimensione del mio andare: le inevitabili rinunce saranno la misura della mia
esposizione verso l’ambiente esterno, ma anche la mia indipendenza.
Ma un viaggio è ancor più che semplice spostamento da
A a B - ma non mi basterebbe un intero alfabeto – da pianificare
millimetricamente e, ad un certo punto, arriva il momento di mettersi alla
prova sul terreno.
E già lo so. Mi basta il primo passo per resettare tutto
e cominciare a farmi guidare solo da muscoli, respiro e sguardo. A lasciare che
sia il vento a trasportare il mio animo, mentre sogno e percezione si fondono e
si incidono sotto pelle, così come gli elementi ne scolpiscono l’esterno. Far
sì che l’occhio si faccia strumento di memoria ancor più della macchina
fotografica e che l’istinto impari a guidare anche dove non è mai arrivato
prima.
Semplicemente: a lasciarmi andare e vivere la mia
avventura …
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