lunedì 2 marzo 2015

Cosa fatta capo ha


A giorni, ormai, sono già due anni che ho la qualifica di Accompagnatore Sezionale di Escursionismo CAI.
Fino a pochissimo tempo fa era semplice: partecipavo alle varie attività del Gruppo e della Sezione, andavo agli aggiornamenti e davo una mano per la programmazione delle uscite, per le ricognizioni e poi durante le escursioni.
Ma in fondo il mio era un tranquillo ruolo da gregario: anche quando ero io capogita, accompagnatore, direttore di escursione o come altro si voglia dire, c'era sempre qualche "superiore" che accentrava in sé le responsabilità del gruppo. E in tutta onestà, non mi dispiaceva neanche.
Da un po' di tempo a questa parte invece mi accorgo che le cose sono cambiate.
Ora mi ritrovo ad avere parecchie paia di occhi puntati addosso: persone che aspettano che gli si dica cosa fare e da che parte andare (anche quando vanno in montagna da prima di te), che vogliono sapere com'è il sentiero e quanto manca (anche quando è la prima volta che lo fai anche tu) e che aspettano che ti interessi di loro, magari con una parola di conforto o di sprone ...
Io che in genere sono un tipo taciturno (specie in confonto ad altre!) sto imparando un po' alla volta ad alzare la voce e ad impormi sul gruppo affinché durante le escursioni vada tutto al meglio.
E persino i rifugisti cominciano a prendermi come riferimento, anche quando non sono capogita (o quel che dir si voglia).
A quanto pare, da timida ed imbranata pecorella nera che non si accontentava di seguire il gregge, sto diventando un cane pastore (pur sempre imbranato). E non è per niente facile!

Quando, più di tre anni fa, mi sono imbarcata in questa avventura non avevo idea di quanto lavoro ci fosse dietro l'accompagnamento. Ed è un lavoro che va fatto in gran parte su sé stessi.
Anzitutto a livello fisico: sia per mantenere l' "allenamento" in montagna (e questa è la parte piacevole) sia, soprattutto, per smaltire un po' di "zavorra" (accidenti!) per cercare di esser reattivi in caso di necessità.
Ma soprattutto serve un gran lavoro per mantenere sempre l'attenzione durante le escursioni sia verso il gruppo e sia verso l'ambiente: bisogna imparare a lasciar spazio (ma non troppo) a chi va veloce ed incitare chi va piano, saper intuire quando fermarsi e cercare di coinvolgere un po' tutti, magari smorzando pure qualche antipatia ... 
Insomma, spesso mi ci vuole pure più di qualche secondo per decidere tra quello che vorrei e quello che dovrei fare: in fondo mi piacciono i giri solitari, soprattutto quelli fuori programma, e mi mancano le escursioni sociali con una decina di persone o poco più, però questo continuo mettersi alla prova non mi dispiace e, in fondo, senza la Montagna e senza il Gruppo ora sicuramente non sarei qui, quindi mi sembra giusto ricambiare con il mio impegno.
E poi ... metti mai che fra tanti ci sia chi scopra di avere la stessa passione!
Ad ogni modo, sebbene a volte sia davvero un impegno non da poco, ho sempre detto che continuerò a fare l'accompagnatore solo fino a quando sarà un divertimento e non un peso.
So che ho ancora tanta esperienza da fare e tanti sentieri da percorrere, ma ho capito che non devo preoccuparmi di essere onesta e dichiarare apertamente i miei limiti, anche perché comunque avrò sempre da imparare qualcosa di nuovo ...
Tanto per restare in argomento dovrò trovare un mio modo di condurre: posso seguire degli esempi forti, ma non posso (e non voglio) imitare ciecamente il loro modo di fare. Per far questo però è necessario che, un po' alla volta, capisca prima chi sono io ... No davvero, non è per niente facile!


Questo weekend c'è stata la penultima uscita sezionale, quella dei due giorni: una tranquilla traversata all'insegna del cielo coperto tra Ponticello e Carbonin, con la facile vetta del Monte Specie (Strudelkopf).









E fra un paio di settimane tocca davvero a me fare da capogita. Da "sola" ...  :-S

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