martedì 27 settembre 2016

Process(i)o


Se ascolti il silenzio riesci ancora a sentirli. 
Sono ancora lì, vicini che a stendere una mano quasi li sfiori ...

Ma così no, accidenti. Così sembra di essere in fila al supermercato!

Si procede a file compatte, passo regolare, senza un minimo di sentimento. 
Superato il varco d'accesso, si cominciano a salire i primi tornanti nel bosco rado, quindi la strada si impenna, sempre più ardita, a sfidare i pendii vertiginosi della montagna.
Un girone dantesco all'incontrario.

Rari momenti preziosi permettono di godere l'ambiente, aspro e grandioso, in solitudine: rocce sospese in equilibri impossibili, cespugli enormi di carline spinose, camosci al pascolo in angoli nascosti agli occhi dei più ...

Superata la prima metà delle gallerie all'improvviso ci siamo ritrovati immersi in nuvole dense che in breve hanno annullato il paesaggio circostante.
Qua e là solo qualche guglia, quasi come in un dipinto di sapore orientale, riesce ad  emergere per pochi istanti dal grigio mutevole.

Oltre la Fontana d'Oro, punto di massima quota raggiunta, le ultime gallerie scendono veloci verso il rifugio.
E, non so se è perché siamo entrati in territorio trentino, ma dietro una curva riappaiono all'improvviso sole e cielo azzurro. Quanto basta per apprezzare l'ultima incredibile cengia.

Poi arrivi alla 52. Dall'altra parte sai  già che troverai il rifugio gremito all'inverosimile.
Solo che non ti aspetti di uscire dalla galleria e ritrovarti direttamente nel bel bel mezzo della bolgia dei tavoli.
Ad entrare in rifugio nemmeno a parlarne - anche se a sbirciare nei piatti la tentazione potrebbe venire - ma, allo stesso modo, non è facile nemmeno riuscire a trovare un angolo un po' defilato per una sosta all'aperto.




















 






 




 




Dopo aver pranzato - un po' svogliati in realtà - abbiamo proseguito fino all'Arco Romano piazzato con la mole della sua retorica a vegliare lo scarno cimitero militare.
Ad ogni modo, obbedienti al ferreo monito, non siamo andati oltre ...







Ripreso il nostro cammino abbiamo cominciato l'infinita discesa lungo la Strada degli Scarrubi, sul versante opposto alla strada delle gallerie, seguendo gruppi scomposti di turisti - le stesse facce della salita - in rientro, immersi nelle consuete nuvole vaganti e nei nostri pensieri ...
Fortunatamente a metà strada i "taglioni" hanno riportato ginocchia e testa in modalità sentiero, dandomi la sferzata d'energia sufficiente ad ignorare gli scarponi ancora duri e facendoci arrivare a valle più  velocemente.


 

 


Mentre le ombre della sera si allungano e confondono ancor più i profili foschiosi del paesaggio, arriviamo a Malga Campiglia per il consueto "rinfresco" di fine giornata a sugellare la buona riuscita dell'escursione e la conclusione della stagione escursionistica estiva.


Era da tempo che speravo di visitare il Pasubio. Sinceramente ora non ricordo più nemmeno che impressione - che sentimento - sperassi di ricavarne ... però devo ammettere, con una certa amarezza, che ne sono rimasta delusa.
Probabilmente sarò pretenziosa o semplicemente starò diventando anch'io una bestia nera selvatica, ma se posso rifuggo le greggi della mia stessa specie ...
Porto con me la vertigine delle nubi, l'odore del calcare nel vento, i sussurri lontani nel tempo ... ma al di là di questo, oltre alla perizia ingegneristica dell'opera viaria, mi è stato difficile poter apprezzare il resto.

Mi chiedo se a volte la Storia sia una valida scusante per (s)vendere i preziosi frammenti d'anima che rimangono nella memoria dei luoghi, se sia lecito violarne i rispettosi silenzi in cambio di una gran frequentazione, che sa anche tanto di facile retorica, oppure ... 

E voi cosa avete visto?
 


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