mercoledì 16 dicembre 2015

Il giorno più corto che ci sia ...


... magari sarà solo per la rima, ma quest'anno il giorno di Santa Lucia è durato davvero troppo poco!

In effetti, la proposta di una partenza antelucana per una meta così vicina a casa, era sembrata sospetta fin da subito. Soprattutto con la comunicazione che il rifugio era aperto ...

Ritrovatici ad Erto nuova - letteralmente deserta se non fosse per il movimento all'interno della studio di scultura di un certo Mauro Corona - con la nostra amica friulana Sarona, dopo una tranquilla colazione al bar, ci spostiamo verso il fondo della Val Zemola fino a raggiungere la casera Stei de Mela.
Due o tre gruppetti, arrivati un momento prima di noi, si incamminano verso il rifugio Maniago, mentre noi otto, passata la casera, cominciamo a seguire la strada sterrata che sale al rifugio Cava Buscada.
Le temperature oggi sembrano ben diverse da quelle dei giorni passati, ma camminando al sole ci scaldiamo in fretta. Dopo un paio di svolte, in corrispondenza dell'arrivo della "via di lizza" - ovvero lo scivolo lungo cui venivano calati i blocchi di marmo cavati a monte - prendiamo il sentiero che sale a lunghi tornati nel ripido bosco di faggi.
Gli uomini in breve allungano il passo e li perdiamo di vista, mentre noi siamo prese dai nostri argomenti e procediamo con calma: per noi le uscite sono anche un'ottima occasione per confronti, confidenze e "confessamenti" ...








Arrivati tutti al rifugio - un tempo il ricovero dei cavatori - ci ricompattiamo e, dopo esserci fatti dare un po' di indicazioni sui sentieri dai proprietari, ci rimettiamo subito in marcia.

Passando nei pressi della cava, raggiungiamo la cresta e scendiamo sull'altro versante per una ripida traccia sospesa lungo una cengia che, svoltato l'angolo, arriva su un terrazzino erboso prospicente l'immensa parete verticale del versante nord del Monte Borgà. Davvero impressionante! Anzi, da vertigini ...
Da qui si accede ad una bassa ed arieggiata caverna naturale chiamata Antro del ledan (o ledam come scrive Rumiz nei "Monti naviganti"), che supponiamo indichi il letame, forse riferito alle tracce di guano che troviamo nella parte più interna della cavità.






Risaliti sui nostri passi, proseguiamo a vista lungo il pendio erboso - reso piuttosto scivoloso dai cespugli di Deschampsia secca - fino a ritrovare i segni della traccia che sale - attraversando un tratto di affioramenti di Rosso ammonitico, campi solcati, mughi e larici contorti -  in direzione della spalla del Monte Buscada e da qui al Monte Palazza.
Purtroppo però la visita all'antro mi ha fatto venire le vertigini - sarà anche una giornata no, ma a me il vuoto dà veramente fastidio! - che mi hanno "scaricata", così arrivata alla cresta del Buscada preferisco fermarmi mentre gli altri hanno già raggiunto La Palatha.









Ritrovatici tutti al rifugio, anche se l'ora canonica del pranzo sarebbe già passata, "decidiamo" di fermarci.
A parte un gruppo già prossimo ad alzarsi da tavola, ci siamo solo noi, i gestori ed un altro loro amico avventore chiozzotto (poi ne arriverà un secondo che avevamo incrociato scendendo dalla vetta).
L'accoglienza è ottima: vin brulé e castagne appena preparati sulla stufa come aperitivo, poi un ricco pranzo ben innaffiato di rosso, dolci, caffé con la moka gigante e di nuovo brulé e castagne, per finire con un'ottima grappa all'abete bianco ...
E intanto chiacchere, racconti, storie e risate ... ma anche momenti meno allegri ricordando l'amica Sara, che amava tanto questi luoghi e che proprio sulle vicine creste del Borgà ci ha lasciati ...

Salutati i nostri nuovi amici, usciamo dal rifugio verso le 16:00 che il sole tinge con le ultime fuggenti pennellate di rosa la vetta del Duranno e la cresta delle Cime Centenere.
Ma anche se comincia a far rapidamente buio, abbiamo a disposizione lunga strada sterrata di servizio alla cava per scendere a valle. Poi, anche se all'ultimo tratto quasi non si vede la più nulla e ormai inciampiamo in qualsiasi cosa, nessuno di noi vuole rompere la magia della sera tirando fuori la frontale.

Così possiamo tenere ancora negli occhi i ricordi del giorno, mentre già si trasformano in sogni ...




Un bellissimo giorno di luce ... anche se troppo corto!


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