venerdì 22 novembre 2013

UNA di 150


Nell'ambito delle celebrazioni per i 150 anni del Sodalizio, per domenica 8 settembre 2013 il CAI Veneto ha elaborato il progetto “150 Cime in un giorno”, ovvero la salita in contemporanea da parte di tutte le Sezioni venete di 150 vette.
Per l’occasione, la nostra Sezione si è impegnata per salire: Punta Agordo per il diedro Da Roit (2290m, Civetta) da parte del Gruppo Roccia, Cima delle Vacche (2058m, Col Nudo-Cavallo) e Cima Pramper (2409m, Dolomiti di Zoldo) da parte del Gruppo Escursionismo.

Per quanto mi riguarda, ho avuto il piacere di partecipare alla salita di Cima Pramper …


Sabato 7 settembre
Ancora da sotto le coperte, poco convinta ad alzarmi, do una prima sbirciata al telefono.
Negli ultimi giorni, in vista dell’evento delle 150 Cime, c’è stato tutto un andirivieni di comunicati, articoli, promemoria ed istruzioni … e, in quanto referente per la Sezione, ormai vivo la cosa con una certa partecipazione.
Dalla Segreteria del CAI Veneto è arrivata la mail di conferma ufficiale: le previsioni meteo per domenica, anche se non proprio ottimali, sono favorevoli alle salite. A questo punto faccio partire il tam-tam: “l’uomo del monte ha detto sì!” …
Non serve altro: zaino, scarponi e caschetto sono già pronti dalla sera prima e, come già d’accordo, alle 13:00 ci si trova nel cortile della sede per andare tutti assieme al nostro rifugio Sommariva al Pramperet (1857m), dove abbiamo deciso pernottare per rendere più agevole l’ascensione del giorno dopo.
L’avvicinarsi del grande evento e la temperatura ancora estiva ci rendono euforici, tra l’altro ne approfittiamo per caricare anche delle scorte per rifornire il rifugio, così sembra quasi che ci si stia preparando per una grande spedizione alpinistica. Siamo un bel gruppo e i bagagli girano per un bel po’, ma poi ci sistemiamo tutti e partiamo … finalmente!
Ormai, dalla prima volta che ho sentito parlare del progetto 150 Cime, è passato quasi un anno e non mi sembra vero che il momento fatidico sia arrivato.
Arrivati a Forno di Zoldo, parcheggiamo al Pian de la Fòpa (1210m) e ci mettiamo in cammino, assaporandoci senza fretta il paesaggio boscoso.
Raggiunta la teleferica nei pressi di malga Pramper (1540m), aggiungiamo al carico in salita anche i nostri zaini e, così alleggeriti, procediamo velocemente verso la nostra meta.
Il nostro arrivo, giusto in tempo per ordinare la cena, scuote la calma serale del rifugio e il nuovo dormitorio (purtroppo quello vecchio è già in via di smantellamento), in breve si trasforma in un chiassoso assembramento di zaini, scarponi ed umanità varia. Siamo ben 19 e ci facciamo notare …
Una volta assegnate le brande, non ci resta che aspettare l’ora di sedersi a tavola, intanto tiro fuori dallo zaino una bottiglia di prosecco appositamente rietichettato per l’occasione col logo del 150° da far firmare a tutti: lo stapperemo in vetta per festeggiare.
L’appetito non manca, il cibo è ottimo e i dolci ancor di più! Ormai siamo in aria di festa, così dopo cena ci concediamo qualche canto e … niente meno che un’estrazione a premi! ... o meglio: ci sono state consegnate solo 4 magliette commemorative e, per non far torto a nessuno, abbiamo deciso di lasciare che sia il caso a destinarle: nell’ordine escono i nomi di Dino, Alessandra ed Ivana, che non poteva che esserne più felice.
L’ultima maglia invece decidiamo di non assegnarla e, come per la bottiglia, a turno la firmiamo tutti: sarà un degno cimelio da conservare in sede CAI.
Intanto si è fatta l’ora di andare a dormire: anche se l’adrenalina si fa già sentire, è meglio cercare di riposare in vista dell’ascensione.


Domenica 8 settembre
La giornata comincia presto: il cielo è ancora grigio pallido, che già cominciano i primi turni al bagno. L’aria è fresca ed umida ed entrare nel caldo del rifugio per fare colazione è piacevole, ma non c’è tempo da perdere: giusto qualche scambio di battute assonnate davanti alle tazze fumanti ed è già ora di prepararsi a partire.
Sono quasi le 8:00 e non vogliamo certo rischiare di far tardi all’appuntamento in vetta!
Salutiamo i tre del gruppo che resteranno ad aspettarci in rifugio ed usciamo. Nel frattempo vedo che sono arrivati i nostri tre amici bellunesi: sono contenta che ce l’abbiano fatta a raggiungerci e penso che, nonostante il tono retorico, lo slogan “la montagna unisce” sia vero.
Allora, tutti pronti? Andiamo!
Il primo tratto di sentiero procede tranquillamente tra saliscendi fino quasi alla Forcella Piccola (1943m) che, con un veloce colpo di reni, raggiungiamo subito. Davanti agli occhi ci si apre l’ampia conca di Cornia, che verso ovest scende ripida nell’omonima vallata, giusto di fronte a noi invece si innalza la “nostra” montagna. Le ruvide guglie che spiccano dal versante est sulla Val Pramper da questo lato rivelano un aspetto più compatto ed abbordabile.
Dopo aver ammirato qualche minuto il bel paesaggio soleggiato, riprendiamo il nostro cammino in direzione della vetta. In breve lasciamo il sentiero e proseguiamo lungo una traccia che ci porta dritti dentro una macchia intricata di mughi che, tra risate ed imprecazioni, si rivela di non poco impegno, quindi proseguiamo in quota fino a ridosso del ripido canalone che si inerpica alla Forcella del Palon (2188m), vero punto di attacco della via normale alla cima.
Raggiunto lo spiazzo erboso della forcella, ci concediamo una pausa per uno spuntino e un po’ di chiacchere: siamo tutti di buon umore e il tempo sembra discreto anche se, attorno alle cime, le nuvole si stanno cominciando ad addensare velocemente.
L’ampia dorsale si innalza regolare verso sud-est fra ghiaie e sfasciumi, ma la vetta è ancora troppo in là per esser visibile. Ci vorrà circa un’altra ora di cammino, prima arrivare alla meta, quindi indossiamo i caschetti e ci prepariamo ad affrontare l’ultimo tratto di salita.
Verificata la disponibilità di rete, già che ci siamo proviamo anche a collegarci con la cupola del Campo Base di Agordo per inviare un breve filmato in tempo reale col cellulare.
Seguire la debole traccia, tenendo d’occhio gli ometti e cercando di capire come superare alcuni ampi massi, richiede di mantenere costante l’attenzione, ma nel complesso l’ascensione non risulta faticosa. Man mano che saliamo però, il cielo diventa sempre più scuro e, se non fosse per noi, minuscoli esseri multicolori, il paesaggio roccioso sarebbe un monocromo scenario grigio.
Intanto, tra le nuvole che più o meno fitte ormai avvolgono tutto, si intravvedono i primi che sono già in vetta a pochi metri sopra di noi.
A questo punto ci fermiamo per indossare le maglie del CAI: vogliamo fare le cose come si deve ed arrivare in vetta “eleganti” … Io indosso la maglia firmata la sera prima.
Quindi, un ultimo paio di passaggi di I grado con affaccio “panoramico”, e finalmente siamo tutti alla croce di vetta!
La cima offre davvero poco spazio, così ci sediamo stretti gli uni agli altri per mangiare qualcosa e soprattutto per scaldarci un po’, dato che nel frattempo si è alzato un vento freddo ed umido che non promette nulla di buono.
Siamo in largo anticipo sui tempi, manca ancora più di un’ora a mezzogiorno, così intanto ci dedichiamo a firmare il libro di vetta e fare un po’ di foto di rito, ma poi non resta che aspettare …
A poca distanza, verso nord, si innalzano le guglie degli Spiz di Mezzodì, invece affacciandosi appena oltre le creste verso est si vede la casera Pramper, davvero minuscola giù nella vallata, e giusto di fronte a noi il Moschesin che a tratti si scopre e turbina di veloci nuvole bianco-grige: più che un Castello sembra un’enorme bastimento a vapore … Se solo ci fosse il sole, lo spettacolo sarebbe impareggiabile!
A questo punto mi viene in mente il sogno che più volte ho vissuto nelle notti dell’ultimo periodo: un quadro sospeso in technicolor di tondeggianti cime verdi ed innumerevoli pennacchi arancioni su un cielo azzurro immobile. Nulla di più lontano dal momento che sto vivendo!
Intanto, per far finta di scaldarsi, a turno ogni paio di minuti ci si chiede l’ora e si commentano le condizioni meteo, poi il vento comincia a portare qualche goccia di pioggia e la tentazione di anticipare i tempi è forte, ma alla fine resistiamo.
A pochi minuti alle 12:00 decidiamo di stappare la bottiglia di vino per il brindisi, quindi ci prepariamo a stappare anche il fumogeno. Magnanimi gli amici, concedono a me il grande onore.
A dire il vero la cosa non mi entusiasma proprio: da un lato ho il timore che non funzioni, dall’altra immagino che possa anche esplodere.
Come da istruzioni, piazziamo ben fermo il barattolo tra le rocce a fianco della croce di vetta poi, quando anche l’ultimo degli orologi scatta sull’ora “X”, finalmente decidiamo che è arrivato il momento tanto atteso!
A questo punto tocca a me: tolgo il coperchio e tiro il cavetto e … niente! Momento di gelo ... Poi un fumetto scuro comincia ad uscire lentamente e, dopo pochi istanti, finalmente parte una puzzolente emissione arancione … peccato solo che l’aria la porti subito verso valle …
Per circa 120 secondi, tanto dura il fumogeno, ci scordiamo di vento, freddo e pioggia e ci divertiamo quasi come fosse Capodanno: foto, risate, commenti e ogni tanto qualche sguardo alle cime circostanti nella vana speranza di veder innalzarsi qualche altro pennacchio di fumo.
La “missione” ormai è conclusa, un ultimo pensiero va agli amici sulle altre vette e a quelli che non sono potuti venire, poi, ben infreddoliti, scappiamo giù in fretta: finora ha fatto solo qualche goccia, ma potrebbe peggiorare da un momento all’altro.
Ritorniamo per lo stesso sentiero della mattina e, fortunatamente, comincia a piovere giusto nel momento in cui entriamo in rifugio, dove possiamo festeggiare al caldo tutti assieme.
Più tardi, un po’ a malincuore, mentre smette di piovere, ci si prepara al rientro.
A Longarone ci si ferma per l’ultima consueta tappa per salutarsi prima di ritornare ciascuno alla propria vita quotidiana. Qualcuno di noi ha ancora indosso la maglia celebrativa, così come per il gruppo del CAI d'Este di rientro dal Sassolungo di Cibiana che incrociamo nel locale: ci si scambia le impressioni della giornata ed è bello scoprire che anche per loro le emozioni sono state le stesse nostre.
L’avventura si è ormai conclusa: di sicuro ne porteremo a lungo il ricordo con noi, forse non tanto per l’aver partecipato ad una giornata che vuole restare nella storia del Sodalizio, quanto per la bella escursione condivisa con tanti buoni amici e, in contemporanea, con tantissimi altri amanti della montagna che, come noi, si riuniscono sotto lo stemma del CAI.

Ricordo con piacere tutti coloro che hanno partecipato alla salita di Cima Pramper: Dino e Paola, Alessandra, Tiziano, Ivana, Ivan, Daniele, Silvano, Eddo, Laura, Stefan e Mauro, Marina e Rita, Paolo, Bruno, Giancarlo e Silvana, Grazia, Pino e Paola.

Non ultimi, un ringraziamento va anche ad Alberto, Edvard e Giulia, gestori del rifugio Pramperet, per averci accolto.






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