venerdì 21 dicembre 2018

IndiE


Anche quest'anno sembrerebbe che si stata messa la parola fine.
Ma dannazzione! Ci hanno fatto sputare sangue e bile ... e no, non è ancora finita.
Ormai non ci basta più fare buon viso a cattivo gioco e cercare di rigirare a nostro favore tutti i limiti e le difficoltà che ci impongono. Se sarà necessario prenderemo la nostra indipendeza ...

Ma intanto qualcosa è stato dato alle stampe ... 
E anche qui ce ne sarebbe da ri-dire. Noi speravamo di cooscere questa magnifica terra misurandola con i nostri passi e invece siamo rimasti fortemente delusi. Altra fine che si impone ...


AI CONFINI DEL CIELO - Avventure e disavventure in Ladakh

C’era una volta un regno lontano lontano, in cui le montagne sfioravano il cielo ed il vento portava le preghiere degli uomini a divinità dall’aspetto feroce …
Ma prima di restare subito incantati da questo luogo da favola, il nostro racconto comincia molto più vicino, proprio nella sede del CAI di Oderzo!
Infatti la proposta del programma escursionistico dell’estate 2018 era un trekking in Ladakh, un antico regno all’estremo nord dell’India, racchiuso tra le catene montuose del Karakorum e dell'Himalaya.

Alla fine abbiamo risposto all’appello in 11 e la scelta di partecipare a questa avventura ci ha messi subito alla prova data l’infinità di preparativi necessari: documenti, visti, vaccinazioni, acquisti di materiale tecnico e, non ultimi, gli allenamenti in quota e le salite di acclimatamento tra le nostre montagne.
Ad ogni modo quando finalmente siamo sbarcati all’aeroporto di Delhi eravamo tutti davvero carichi. E non solo per gli ingombranti sacconi da spedizione ...
Neanche tempo di arrivare, però, che subito i primi imprevisti hanno cominciato a movimentare il nostro viaggio: da Delhi avremmo dovuto spostarci con un volo interno a Kullu, un paesino ai piedi delle prime montagne a sud di Manali e dove ci aspettavano delle auto che ci avrebbero dovuto portare a Leh, la capitale del Ladakh. Invece l’aereo, dopo aver inutilmente girato sopra la zona in attesa di un varco tra le nubi (le strumentazioni dei piccoli aeroporti locali non sono così sofisticate da consentire l’atterraggio in sicurezza in queste situazioni) è dovuto rientrare a Delhi. E qualcuno dei più assonnati si è pure stupito di quanto fosse grande l’aeroporto di arrivo ...

 
Fortunatamente, grazie ai nostri contatti indiani, siamo riusciti in breve a recuperare due mezzi di fortuna che, con un viaggio quasi ininterrotto di oltre 15 ore, ci hanno portato direttamente a Manali. Qui, decisamente stravolti, abbiamo avuto giusto il tempo di sgranchirci le ossa, prima di risalire in auto per gli altri due giorni di viaggio previsti lungo la Manali-Leh Highway: una stretta striscia d’asfalto (e a volte nemmeno quello) di 470km tra vallate verdi, altopiani desertici, montagne dalle forme e dai colori incredibili e passi vertiginosi (tra cui il Taglang La a 5328m, il secondo carrozzabile più alto al mondo).


Leh sorge in una vasta piana, compresa mediamente tra i 3500e i 3600 metri, lungo le anse del fiume Indo che con le sue acque consente la crescita di vegetazione (salici, pioppi, olivelli spinosi e pochi altri arbusti, oltre alle specie erbacee) in una zona altrimenti arida ed inospitale.
Una volta arrivati e preso alloggio nella zona turistica vicino al centro, anche per adattarci alla quota, abbiamo cominciato con un paio di giorni di visite ai vari palazzi, musei, monasteri (gompas) con la nostra giovane guida locale: Phuntsog.










A stupirci sono stati subito i colori accesi dei dipinti e delle decorazioni: verdi, azzurri, rossi, arancioni, gialli e su tutti l’oro del Buddha nella varietà infinità delle sue forme. Il tutto ancora più impressionante se visto in contrasto con l’estrema povertà della popolazione.
Purtroppo, mentre predavamo familiarità con la cultura locale e le sue contraddizioni, abbiamo scoperto che la perturbazione che aveva impedito l’atterraggio del primo giorno, si era abbattuta sulla zona, rendendo impraticabile la Markha Valley, nella quale era previsto il trekking del nostro programma.
Così, presi alle stretta, per non rinunciare del tutto alla parte escursionistica del viaggio, carte topografiche alla mano, seguendo le indicazioni delle nostre guide, abbiamo scelto di fare un trekking più breve, ma un po’ più impegnativo, attraverso la catena dello Stok, in un percorso parallelo tra la valle di Markha e la piana di Leh.


E la sera dopo, giusto il tempo di un breve trasferimento a piedi dalle auto alle tende, eravamo già al primo campo tendato a Chokdo (3980m). Per alcuni di noi era la prima esperienza del genere e siamo rimasti subito stupiti dalle capacità di organizzazione dei nostri accompagnatori con dei mezzi a dir poco spartani a loro disposizione.
Il giorno successivo, mentre i cuochi smontavano il campo ed aspettavano l’arrivo dei cavallai, siamo finalmente partiti zaino in spalla. Nonostante il sole cocente, il percorso è stato reso interessante dalle incredibili conformazioni di terra a piramide lungo le scarpate, dalla gamma dei colori dei diversi strati rocciosi, dall’insospettata varietà di arbusti in un ambiente apparentemente brullo, dall’altrettanto sorprendente presenza di animali selvatici (pernici, aquile, stambecchi) e domestici (cavalli e caprette), ma soprattutto dal cielo di un blu intenso e di una vastità per noi difficile da comprendere. 




Purtroppo salendo oltre i 4200m, ho cominciato ad avere i primi problemi di carenza di ossigeno sotto sforzo, il che, nonostante la facilità del sentiero, ha rallentato sempre di più la mia andatura, tanto è vero che, arrivati in vista del Guyncho La (4675m), ho ben gradito qualche boccata di ossigeno dalla bombola in dotazione al gruppo. Ossigeno che mi è stato di aiuto anche per la successiva risalita ad una seconda sella oltre i 4700m.
Una volta al campo, recuperate le forze senza altri problemi, ho comunque deciso che sarei ridiscesa, non volendo rallentare il gruppo e soprattutto non volendo rischiare problematiche ben più serie. Ed infatti, il giorno seguente, molto a malincuore, con Sandra ed Ivan, che a loro volta avevano manifestato problemi di quota, siamo rientrati lungo un’altra bella vallata, mentre i nostri amici salivano in direzione opposta.





Una separazione sofferta, anche se, tempo un altro giorno, e ci avrebbero raggiunto Marina e Dino, che avevano previsto di scendere a valle prima di raggiungere gli oltre 5100 metri del campo base dello Stok Kangri.
E così mentre in sei dal campo base tentavano la salita allo Stok, in cinque partivamo lungo la “strada” più alta del mondo (raccomandandoci a quante più divinità possibili!), attraversando il Kardung La (5359m, il più alto carrozzabile) per andare a visitare la Nubra Valley, 150km più a nord di Leh. Una vallata incredibilmente ampia, con delle dune di finissima sabbia bianca e popolata dai cammelli battriani, dove una delle principali attrattive è una Buddha Maitreya alta 32 metri.
E mentre noi restavamo incantati da tutte queste meraviglie, dopo una lunga ascesa notturna, Tiziano e Paolo festeggiavano l’alba di un nuovo giorno con il raggiungimento della vetta dello Stok Kangri (6153m).









Finalmente riuniti di nuovo tutti assieme, è cominciata l’ultima parte del nostro viaggio alla scoperta della Zanskar Valley, una valle a sud-ovest di Leh raggiungibile in due giorni di viaggio dalla città di Kargil attraverso l’unica strada carrabile - completamente sterrata! - che la collega al mondo esterno.
Ovviamente lungo il percorso non sono mancate le soste.

Il primo giorno, scendendo verso ovest lungo il corso dell’Indo, dopo un primo monastero a pochi chilometri da Leh ed una tappa panoramica alla confluenza del fiume Zanskar nell’Indo, ci siamo spostati ad Alchi, un’oasi di verde sviluppatasi attorno ad un complesso monastico fondato mille anni fa, ricco di opere d’arte davvero straordinarie. 

 





Il giorno successivo abbiamo proseguito lungo l’Indo, scendendo al di sotto dei 3000 metri, incontrando parecchie zone coltivate: orzo, legumi ed ortaggi, noci, meli e soprattutto albicocchi nel pieno della loro produzione. Con una deviazione nei sperduti villaggi della Aryan Valley, dove un’anziana ci ha permesso di raccogliere e le piccole e dolci albicocche direttamente dai suoi alberi, abbiamo poi fatto tappa in un spartano campeggio. 






Ripreso il  viaggio abbiamo dato un’occhiata veloce al centro di Kargil, la seconda città del Ladakh, a prevalenza mussulmana, quindi, ci siamo rifatti gli occhi con le cime gemelle del Nun e del Kun (rispettivamente 7135m e 7077m) ed altre cime oltre i 6000 metri coronate da ghiacciai sfavillanti. Quindi abbiamo cominciato a percorrere una lunga valle fluviale, un bellissimo pianoro sui 4000 metri al cui centro sorge il suggestivo monastero di Rangdum, nel cui campeggio ci siamo fermati per la notte.





Ripresa la strada il giorno seguente, abbiamo fatto tappa in un vicino alpeggio. Qui, mentre gli uomini sono impegnati nei campi a valle, durante la breve stagione estiva le donne si occupano di pascolare gli yak, di mungerli per preparare lo yogurt (ottimo!) ed una specie di formaggio, ma soprattutto di raccoglierne il preziosissimo sterco, una delle poche fonti di combustibile a queste quote, e di metterlo ad essiccare.
Oltre agli animali al pascolo lungo la valle abbiamo avuto modo di vedere anche numerose marmotte pigramente sdraiate al sole e gli improvvisi guizzi alati delle upupe.
Finalmente arrivati a Padum, unica cittadina della valle, ci siamo dedicati ad esplorarne i dintorni.
Qui abbiamo avuto modo di conoscere la famiglia di Phuntsog, che ci ha offerto il tipico black tea a casa di sua madre, quindi siamo andati a visitare una scuola privata, sostenuta da fondi italiani e francesi, dove abbiamo gradito un black tea nell’ufficio del preside.
Presi da curiosità, siamo poi riusciti a farci portare a visitare due antichi monasteri costruiti, uno di fronte all’altro, sul versante della montagna ai lati della gola di Karsha: prima quello femminile e, dopo una piacevole camminata, quello maschile.
In particolare in quello femminile, prima di esser ricevuti dalle monache anziane per un black tea di cortesia, siamo entrati nella scuola delle monache bambine che ci hanno subito accolti facendoci una gran festa, desiderose di un piccolo dono, di qualche momento di gioco, ma anche solo di un abbraccio o un sorriso ...













Terminata la visita anche al monastero maschile, dopo un black tea ristoratore nel nostro alberghetto, non ancora stanche, io e Marina ci siamo fatte portare da a vedere anche cinque Buddha scolpiti in una roccia lungo il fiume quasi 2000 anni fa.


Poi, per celebrare la fine della nostra visita a Padum, abbiamo cenato tutti assieme a base di momos (i tipici ravioli al vapore), thukpa (zuppa di verdure e spaghettini), mouton (carne di capra) e qualcuno pure con la sua immancabile pastasciutta!


Con altri due giorni di jeep abbiamo poi rifatto percorso di ritorno a Leh, in vista del rientro in Italia, certo non senza gli ultimi imprevisti del viaggio: una ruota sostituita giusto in tempo prima che esplodesse ed un cofano sganciato in piena corsa passando tra le Magnetic Hills ...


Essendo il mio primo viaggio in un paese extraeuropeo e non occidentalizzato, l’esperienza in Ladakh di sicuro non mi ha lasciato indifferente: anche se non siamo riusciti a camminare quanto desiderassimo, abbiamo scoperto un Paese magnifico, quanto fragile. Come in molto altri luoghi il turismo qui è una grande risorsa, ma anche una minaccia agli equilibri tradizionali.
Ciò nonostante spero in futuro di ritornare, compiere il trekking che non abbiamo potuto fare (o qualcuno dei molti altri possibili) e magari esplorare altre zone. Nel frattempo non potrò fare a meno di portare con me il ricordo degli immensi cieli blu, delle bandierine sventolanti (“cavalli del vento”) e delle ruote di preghiera ovunque, dei canti dei monaci, dei sorrisi della gente e della festa di colori di questi luoghi incantati ...

Compagni di (dis)avventure sono stati: Renzo C., Dino, Paolo, Alessandra, Marina, Ivan, Olivo, Renzo N., Tiziano, Ezio.


JULLEY!   _/\_


E ce ne sarebbe molto altro ancora da raccontare ...


Nessun commento:

Posta un commento