mercoledì 20 luglio 2016

Promessa


L'ultima serie di violenti temporali della settimana scorsa ci hanno lasciato delle giornate di cielo terso, calde ma ben asciutte e ventilate ... una vera goduria!
Insomma finalmente possiamo dire che è arrivata l' E S T A T E !!!
E speriamo anche che duri, che di pioggia e di afa ne abbiamo già avute a ben donde ...

Ma la cosa più bella che ci ha portato l'estate è stato il ritrovare un'amica speciale che non vedevamo da tanto tantissimo (troppo!) tempo.

Dopo le solite mille ipotesi di giri possibili, domenica mattina, recuperata lungo via la nostra amica, siamo arrivati in fondo a Val Gares, ancora immersa nell'ombra fredda (7°!) del mattino e pressoché deserta.


La premesse erano che ci sarebbe stato abbastanza dislivello e qualche tratto esposto ...

Partiti subito alla ricerca di un po' di sole per scaldarci, abbiamo cominciato a salire in direzione delle cascate di Gares.
Dopo un breve tratto ripido nel bosco siamo usciti su una assolata cengia tra i mughi da cui, svoltato letteralmente l'angolo, siamo entrati nell'Orrido delle Comelle.
Qui, tornati di nuovo in un'ombra rinfrescante abbiamo superato facilmente i diversi salti rocciosi del torrente con l'aiuto di qualche cavo e delle scalette, fermandoci qua e là ad ammirare l'ambiente dalle imponenti pareti alte sopra di noi ai più piccoli fiori aggrappati alle rocce.
Poi all'improvviso l'acqua che fino al momento prima gorgogliava spumeggiando a breve distanza dal sentiero è sparita e ci siamo ritrovati a camminare direttamente sull'alveo del torrente.
Prodigi da substrato calcareo ...


 


 



 

Risalito tutto il meraviglioso orrido abbiamo proseguito finché, come in un trucco scenico, d'un tratto si è spalancata davanti a noi l'ampia (e soprattutto lunga) Val Comelle.
Nel silenzio rotto solo dal rumore dei nostri scarponi sulla ghiaia bianca ed asciutta del torrente e dalle nostre poche parole appena sussurrate, abbiamo poi ritrovato il sentiero più in là sul greto erboso.
Con la scusa di fermarci a bere, ne approfittiamo per stenderci sul bel tappeto verde: il posto è davvero incantevole e lasciamo  la nostra piccola oasi zen un po' a malincuore ... ma solo perché la nostra amica è "sicura che sopra è più bello"! E come darle torto?! :-)





In breve riprendiamo a salire lungo una traccia piuttosto ripida: i due camosci davanti a me vanno spediti, io seguo come riesco. 
Poi BH ... sarà stato il caldo, la sete, la fame, l'anemia o magari un po' di tutto assieme, ma le mie gambe hanno smesso di girare. Anzi no, si sono proprio inchiodate.
Nessun dolore, nessuna fatica (insomma), ma niente!
E da lì in su non è stata altro che un'agonia proggressiva. E forse neanche tanto per me che arranco ma non mollo, quanto per chi con infinita pazienza ha dovuto continuamente aspettarmi. 
Posti splendidi, grandiosi e selvatici come piacciono a noi, però me li sono goduti sicuramente meno del solito, senza contare poi che gli scarponi nuovi hanno la suola dura che, per quanto solida, di certo non è comoda ...

Con qualche sosta ufficiale - e parecchie altre, sempre più frequenti, che mi concedo da sola - alla fine mi isso su per un'ultima paretina e - dopo un'antipatico ghiaione assolato, finalmente conquisto un posto all'ombra all'inizio della cengia della Banca delle Fede. Ormai mancano solo gli ultimi metri in salita, ma ho bisogno di riprendere un po' le forze per passare con sicurezza i tratti esposti.
Il panorama è davvero grandioso: sul fondo della Val Grande si erge il Campanile di Focobòn a cui fanno corona le altre ardite cime sul filo dei 3000m, dall'altro lato della Val Comelle invece, come un'immenso dorso di cetaceo, si distende l'altipiano lunare delle PSM, da cui emerge ben visibile la Cima della Fradusta, con i poveri resti del suo ghiacciaio.
Ormai minuscola sotto di noi la Torcia di Val Grande che, da aguzza visione fra le vette, dopo aver vegliato sulla nostra salita, alla fine si è fatta raggiungere, ammirare e quindi, impassibile, superare.

 
















Superiamo l'aerea Banca, che ci offre una straordinaria vista sui monti, quindi svoltiamo e cominciamo la nostra lunga discesa verso valle.
Scendiamo progressivamente in avvallamenti successivi che ogni volta ci offrono un ambiente diverso: prima la conca rocciosa ai piedi del Campanile dei Campidei, poi il verdeggiante Pian Campido.
Da qui, riusciamo già a scorgere il parcheggio - ormai affollato - dove abbiamo lasciato l'auto ... un migliaio di metri più in basso!








Il sentiero poi procede, sempre più esiguo, per una lunga pala erbosa ai piedi dei Lastei che a tratti è quasi sospesa sul vuoto, tanto che a prima vista - sarà la stanchezza - mi intimorisce anche più del necessario.
Dopo esserci goduti a lungo l'ampio panorama, raggiunto l'ultimo vallone prima di Malga Stia il sentiero si butta a svolte strette verso valle.


Per me però gli scarponi ormai sono diventati intollerabili - da un bel po'! - e, appena intuisco i primi segni del paese cedo alla pietosa offerta di far recuperare l'auto per risparmiarmi almeno l'ultimo chilometro di asfalto ...
E difficilmente ho mai tolto gli scarponi con tanto piacere!

Il rientro, a passo di lumaca lungo la statale, ci ha poi concesso il tempo per qualche altra chiacchera davanti ad una meritata pizza. E alla fine un saluto con la promessa di ritrovarci presto per sentieri selvatici ...
Magari in condizioni migliori e sicuramente con scarponi più comodi!!!


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