- dal web -
A tre mesi dall'inizio dell'avventura estiva, finalmente ho prodotto qualcosa da pubblicare ...
A dire il vero di cose da dire ce ne sarebbero state almeno il doppio, che le giornate vissute in Sicilia sono state talmente intense da non lasciare quasi nemmeno il tempo di prender fiato per riordinare le idee e cercare di prendere qualche appunto di viaggio vagamente coerente dal punto di vista spazio-temporale ed emozionale. D'altra parte già alla seconda o terza sera ho sottotitolato il mio apposito libretto giallo come "Appunti semisobrii" ...
IL TREKKING DELL'ETNA
« … e la prossima
estate si va sull’Etna! »
E con una frase
simile abbiamo sancito il trekking in programma per l’agosto 2014.
Peccato che poi
l’estate qui al nord abbia deciso di non presentarsi proprio e così, alla fine,
si è rivelata davvero una buona scelta quella di fare addirittura un viaggio quasi
intercontinentale (l'intensa attività geologica del suolo siciliano – Etna in primis – rivela chiaramente i confini
delle diverse placche continentali) per andarsi a godere un po’ di sole.
L’appuntamento era
per mercoledì 6 agosto all’aeroporto di Catania: sei aviotrasportati (Antenore,
Ivana, Grazia, Alessandra, Lisa e Ivan), quattro camperisti (Dino, Paola,
Roberto e Lorella), due responsabili del CAI di Catania (il presidente della
Sezione Giorgio Pace e Christopher, il nostro accompagnatore) e soprattutto lei:
LA Etna.
La città di
Catania, infatti, si distende tra la costa ionica e le prime colline vulcaniche
ma, già dal primo impatto, è subito evidente come sia “La Montagna” per
antonomasia – l’altro nome dell’Etna è Mongibello: dal latino mons (monte) e dall'arabo gebel (monte) – a dominare bonaria
l’intero panorama, tanto più che un pennacchio di fumo scuro alla sommità –
segnale dell’attività vulcanica iniziata esattamente un mese prima del nostro
arrivo – non può che attirare l’attenzione!
La prima tappa
del nostro viaggio è stata l’attuale sede di una delle Sezioni più antiche
d’Italia (la costituzione della Sezione dell’Etna risale addirittura al 1875)
che sebbene si trovi a poche decine di metri dal mare, accoglie soci CAI in
visita da tutta Italia proprio come un vero rifugio. Qui, tempo di sistemarci e
fare una breve visita al centro città, ed abbiamo subito colto l’occasione di cominciare
con il primo dei tanti momenti conviviali che, come è noto, ben predispongono
alla reciproca conoscenza …
Il giorno
successivo, mentre sistemavamo le ultime cose prima dell’inizio effettivo del
trekking, abbiamo fatto a tempo a concederci anche una tipica colazione
siciliana (granita con la panna e brioche “col tuppo” – siamo escursionisti sì,
ma in ferie!) vicino a un porticciolo, quindi con il pulmino e i camper ci siamo
avviati verso Zafferana Etnea e poi per la Strada Provinciale Marenevefuoco fino
a raggiungere il nostro sentiero di partenza. Il lungo tratto di avvicinamento
su per le falde del vulcano ci ha messo immediatamente di fronte ad un
paesaggio del tutto diverso dalle montagne a cui siamo abituati: appena
oltrepassati i paesi ci siamo ritrovati a passare tra nere distese di vecchie
colate laviche, ravvivate a tratti solo da alberi di ginestre fioriti e pochi
altri arbusti.
Il tragitto previsto
della giornata era breve e poco impegnativo, ma comunque ci ha dato modo di vedere
vari ambienti: dalle ricche pinete ai tratti di bosco a latifoglie, passando
per zone più brulle dove domina l’astragalo
siculo (chiamato anche “spino santo” … almeno finché non ti avvicini e ti pungi!)
e le candide betulle dell’Etna, talmente adattate all’ambiente che al salire
della quota – anziché alte e dritte – crescono nane e tutte contorte; inoltre abbiamo
potuto contare sulla guida di Christopher che è un vulcanologo ed stato pronto
ad illustrarci tutte le particolarità dei luoghi attraversati.
In poche ore, accompagnati
dai sordi boati delle incessanti esplosioni vulcaniche, siamo arrivati al
rifugio Citelli (1741m) – piccolo, ma molto confortevole e con una spettacolare
vista fino alla costa sottostante – con ancora tempo ed energie sufficienti per
esplorare i dintorni. Così, pur tra nubi basse di condensa e fumo del vulcano, abbiamo
deciso di scendere verso i vicini Monti Sartorius (1667m), una serie di sette conetti
eruttivi allineati, detti “bottoniera”, originati nel 1865. Per noi queste
collinette sono state come delle montagne russe: su e giù tutto attorno ai
crateri facendo a gara a chi sollevava più polvere camminando ... niente di
meglio per stuzzicare l’appetito!
Poi la sera in
rifugio, tra i gustosi piatti tipici e qualche nozione di geologia, ci siamo goduti
l’incredibile spettacolo pirotecnico del vulcano, che col buio ha dato il
meglio di sé.
Il terzo giorno si
è rivelato il più intenso di tutti: dopo aver raggiunto con il pulmino la
Pineta Ragabo (costituita prevalentemente da svettanti esemplari di pino
laricio), abbiamo caricato per bene gli zaini con tutto l’occorrente per due
giorni di trekking, durante i quali abbiamo percorso oltre una trentina di km
lungo la Pista Altomontana, che a queste quote copre quasi metà della
circonferenza del vulcano.
Passo dopo passo,
i paesaggi attraversati sono stati sempre molto vari: a ricche macchie di
vegetazione si alternavano immense colate laviche di varie epoche, mentre verso
valle si potevano distinguere Randazzo, Bronte ed altri paesini dell’entroterra
i cui rilievi erano spesso ornati da lunghe file di pale eoliche.
Tra una
chiacchera e l’altra, abbiamo proseguito tranquillamente lungo la strada per
quasi tutta la mattinata fino a ritrovarci ad attraversare un’assolata distesa
di lave dalle curiose forme “cordate” formatesi durante l’eruzione durata dal
1614 al 1624. Qui ci siamo fermati per poter esplorare brevemente la Grotta dei
Lamponi (1426m), all’interno della quale abbiamo potuto scoprire le stalattiti
di rifusione (dette “denti di cane”), oltre che godere anche di un po’ di dovuto
refrigerio.
Dopo questa breve
pausa abbiamo ripreso il cammino attraverso il Passo dei Dammusi (l’etimologia
indica delle costruzioni a volta, dovute al suonare a vuoto delle lastre di
lava superficiale) e siamo arrivati al rifugio Monte Spagnolo (1440m) per il
pranzo e un po’ di relax all’ombra, prima di ripartire in direzione della
nostra meta: il rifugio di Monte Scavo (1705m). In effetti gli ultimi km in
salita, dopo aver camminato tutto il giorno sotto al sole con lo zaino pesante,
sono stati un po’ lunghi da finire così, quando quasi all’improvviso siamo
sbucati davanti al bivacco per noi è stata davvero una bella sorpresa.
Il bivacco era
costituito da un’unica stanza con nient’altro che un tavolo attorno al pilastro
di sostegno centrale ed un camino nell’angolo: molto spartano ma sufficientemente
ospitale, almeno a giudicare dalla presenza dei piccoli e timidi scorpioni che
lo popolavano …
Dopo una lunga
nottata “alla russa”, il quarto giorno fortunatamente ci siamo rimessi in
marcia con gli zaini un po’ più leggeri ma, nonostante ciò, dopo nemmeno un’ora
di cammino ci siamo concessi una sosta per ammirare un’impressionante voragine in
un canale di scorrimento, quindi, alleggeriti dagli zaini, siamo saliti sul vicino
Monte Annunziata (1805m) dalla cui cresta abbiamo potuto godere di un’ampia panoramica
verso valle.
Dato che era
domenica, lungo la pista abbiamo incrociato anche parecchi ciclisti ed alcuni
escursionisti locali che guardavano incuriositi la nostra polverosa “carovana”.
Poi, man mano che proseguivamo, i sempre più frequenti segni umani ci facevano
intuire la prossima fine del percorso ed infatti, in tarda mattinata siamo usciti
sulla strada asfaltata presso il Giardino Botanico Nuova Gussonea, a cui
abbiamo riservato anche una visita veloce.
Ormai piuttosto
stanchi e decisamente accaldati, alla fine siamo arrivati ad un’oasi ombrosa
dove – non è un miraggio! – Giorgio e Grazia (che per un problema ad un
ginocchio aveva dovuto lasciare il gruppo dopo il primo giorno), ci aspettavano
con il pranzo già pronto quindi, una volta ristorati, ci siamo trasferiti col
pulmino fino al rifugio Sapienza (1910m).
Definire il
Sapienza come rifugio in effetti è un po’ difficile: si tratta di un vero e
proprio albergo dotato di tutti i confort situato in una piana dove abbondano parcheggi,
ristoranti e bancarelle di souvenir, oltre ovviamente a turisti delle più
svariate nazionalità. Ad ogni modo, è stato davvero piacevole potersi fare finalmente
una bella doccia, mettersi “in ghingheri” per cenare al ristorante e dopo godersi
una fresca passeggiata al chiar di luna, ascoltando la musica dei vari locali e,
perché no, facendo pure quattro salti …
Lunedì 10 agosto abbiamo
affrontato tutti assieme l’ultima tappa del trekking.
Il primo tratto
di salita l’abbiamo fatto comodamente in cabinovia, che in una manciata minuti
ci ha portato direttamente a quota 2490m, dove, complice anche il cielo
coperto, sembrava davvero di essere sbarcati sul suolo lunare, solo che, al
posto dei L.E.M., c’erano dei grandi mezzi fuoristrada in attesa dei primi
turisti.
Allontanati
rapidamente dalla funivia, per scaldarci abbiamo subito conquistato i bordi del
cratere de La Montagnola (2648m), quindi scesi di nuovo sulla pista che
attraversa il Pian del Lago, abbiamo proseguito spediti in direzione dei
crateri sommitali, nonostante fossimo ripetutamente impolverati dai numerosi fuoristrada
di passaggio.
Purtroppo la
grande attrattiva rappresentata dal vulcano in piena attività, per noi ha
significato anche un limite per motivi di sicurezza nella quota massima raggiungibile.
Una volta arrivati all’avvallamento vicino a dove sorgeva la Torre del Filosofo
(2940m), tra esplosioni e cupi boati, abbiamo potuto ammirare la nuova bocca di
sud-est apertasi a luglio con la sua variopinta sommità (a seconda degli
elementi chimici fuoriusciti dalle profondità della terra) e l’impressionante
spettacolo di sbuffi neri e lanci di lapilli.
A questo punto, persuasi
a non poter andare oltre, siamo rientrati attraversando altri piccoli crateri di
recente formazione (eruzioni del 2001 e del 2002-03), tra cui il Barbagallo dalle
vivaci tonalità rosse, gialle e bianche, quindi ne abbiamo sceso di corsa i ripidi
pendii fino all’imbocco di un canale di scorrimento, al cui interno siamo poi risaliti
tra sottili lastre di lava e sbuffi di gas vari.
Dopo la pausa
pranzo, con il gustoso quanto unto arancino del nostro pranzo al sacco, siamo
scesi riattraversando trasversalmente l’intero Pian del Lago fino a
raggiungerne l’estremo limite sud-est per andare a contemplare la Valle del
Bove: suggestiva, nel suo aspetto primordiale, quanto vasta (larga 5 km, lunga
7 km e profonda fino a 1 km). Quindi siamo risaliti passando a fianco
dell’enorme voragine della Cisternazza e ritornati verso gli impianti.
Stavolta, a parte
Grazia ancora claudicante, siamo scesi a piedi lungo un avvallamento: i
finissimi lapilli erano più scorrevoli di qualsiasi altro ghiaione mai percorso
prima e correre a perdifiato giù per la sciara sollevando enormi nuvole di
polvere è stato sicuramente uno dei momenti più divertenti in assoluto.
Raggiunta
velocemente la quota del Sapienza, dopo un ultimo sguardo verso i due crateri
dei Monti Silvestri che ne chiudono la piana sul lato est, siamo rientrati al
rifugio per raccogliere le nostre cose e prepararci al rientro alla sede CAI.
La sera, stanchi
ma soddisfatti, abbiamo festeggiato tutti assieme a Catania la conclusione
della nostra avventura: sono stati giorni davvero intensi ma, nonostante ciò o,
forse, proprio per questo, sono passati fin troppo velocemente. Le emozioni
vissute – di ciascuno di noi o condivise con il resto del gruppo – sono state
talmente tante che è difficile cercare di trasmetterle …
Quel che è certo
è che il Trekking dell’Etna ci ha dato modo di vivere sulla nostra pelle un
ambiente completamente diverso dalle montagne che frequentiamo solitamente e
che difficilmente da turisti avremmo potuto apprezzare pienamente. Abbiamo
potuto conoscere da vicino un territorio nuovo – e in continuo rinnovamento – in
cui speriamo di poter ritornare ancora in futuro.
E questo,
sicuramente vale anche per la Sicilia in generale, dato che dopo il trekking,
in cinque di noi ci siamo concessi una settimana di turismo per cercare di
scoprire un po’ di più anche dell’isola visitando, o anche solo attraversando,
quanti più luoghi possibili: un meraviglioso caleidoscopio di colori, di
sapori, di parlate, di volti ... e tanto sole!
Primo giorno: si parte!
Primo giorno: Catania
Secondo giorno: l'inizio del trekking
Secondo giorno: Helichrysum
Secondo giorno: spiegazioni
Secondo giorno: rifugio Citelli
Secondo giorno: Monti Sartorius
Secondo giorno: Betula aetnensis
Secondo giorno: l'Etna dà spettacolo!
Terzo giorno: belli carichi lungo la Pista Altomontana
Terzo giorno: Carlina corymbosa
Terzo giorno: ingresso della Grotta dei Lamponi
Terzo giorno: nella Grotta dei Lamponi
Terzo giorno: Passo dei Dammusi
Terzo giorno: rifugio di Monte Spagnolo
Terzo giorno: bivacco di Monte Scavo
Quarto giorno: Monte Nunziata
Quarto giorno: lungo l'Altomontana
Quarto giorno: rifugio Sapienza
Quinto giorno: Salendo a La Montagnola
Quinto giorno: Lungo la pista di Pian del Lago
Quinto giorno: Lungo la pista di Pian del Lago raggiungendo quota 2900m
Quinto giorno: la nuova bocca di sud est e dietro il Cratere di Sud-Est
Quinto giorno: la nuova bocca di sud est
Quinto giorno: Cratere Barbagallo
Quinto giorno: Cratere Barbagallo
Quinto giorno: Cratere Barbagallo
Quinto giorno: entrando nel canale di scorrimento
Quinto giorno: Cratere Barbagallo dal Pian del Lago
Quinto giorno: Pian del Lago e La Montagnola
Quinto giorno: bomba lavica
Quinto giorno: Valle del Bove
Quinto giorno: Valle del Bove
Quinto giorno: Anthemis aetnensis
Quinto giorno: Verso la Cisternazza
Quinto giorno: scendendo lungo la sciara, al centro i Crateri Silvestri
Nessun commento:
Posta un commento