giovedì 6 novembre 2014

Il Trekking dell'Etna


- dal web -


A tre mesi dall'inizio dell'avventura estiva, finalmente ho prodotto qualcosa da pubblicare ...
A dire il vero di cose da dire ce ne sarebbero state almeno il doppio, che le giornate vissute in Sicilia sono state talmente intense da non lasciare quasi nemmeno il tempo di prender fiato per riordinare le idee e cercare di prendere qualche appunto di viaggio vagamente coerente dal punto di vista spazio-temporale ed emozionale. D'altra parte già alla seconda o terza sera ho sottotitolato il mio apposito libretto giallo come "Appunti semisobrii" ...


IL TREKKING DELL'ETNA

« … e la prossima estate si va sull’Etna! »

E con una frase simile abbiamo sancito il trekking in programma per l’agosto 2014.
Peccato che poi l’estate qui al nord abbia deciso di non presentarsi proprio e così, alla fine, si è rivelata davvero una buona scelta quella di fare addirittura un viaggio quasi intercontinentale (l'intensa attività geologica del suolo siciliano – Etna in primis – rivela chiaramente i confini delle diverse placche continentali) per andarsi a godere un po’ di sole.

L’appuntamento era per mercoledì 6 agosto all’aeroporto di Catania: sei aviotrasportati (Antenore, Ivana, Grazia, Alessandra, Lisa e Ivan), quattro camperisti (Dino, Paola, Roberto e Lorella), due responsabili del CAI di Catania (il presidente della Sezione Giorgio Pace e Christopher, il nostro accompagnatore) e soprattutto lei: LA Etna.
La città di Catania, infatti, si distende tra la costa ionica e le prime colline vulcaniche ma, già dal primo impatto, è subito evidente come sia “La Montagna” per antonomasia – l’altro nome dell’Etna è Mongibello: dal latino mons (monte) e dall'arabo gebel (monte) – a dominare bonaria l’intero panorama, tanto più che un pennacchio di fumo scuro alla sommità – segnale dell’attività vulcanica iniziata esattamente un mese prima del nostro arrivo – non può che attirare l’attenzione!

La prima tappa del nostro viaggio è stata l’attuale sede di una delle Sezioni più antiche d’Italia (la costituzione della Sezione dell’Etna risale addirittura al 1875) che sebbene si trovi a poche decine di metri dal mare, accoglie soci CAI in visita da tutta Italia proprio come un vero rifugio. Qui, tempo di sistemarci e fare una breve visita al centro città, ed abbiamo subito colto l’occasione di cominciare con il primo dei tanti momenti conviviali che, come è noto, ben predispongono alla reciproca conoscenza …

Il giorno successivo, mentre sistemavamo le ultime cose prima dell’inizio effettivo del trekking, abbiamo fatto a tempo a concederci anche una tipica colazione siciliana (granita con la panna e brioche “col tuppo” – siamo escursionisti sì, ma in ferie!) vicino a un porticciolo, quindi con il pulmino e i camper ci siamo avviati verso Zafferana Etnea e poi per la Strada Provinciale Marenevefuoco fino a raggiungere il nostro sentiero di partenza. Il lungo tratto di avvicinamento su per le falde del vulcano ci ha messo immediatamente di fronte ad un paesaggio del tutto diverso dalle montagne a cui siamo abituati: appena oltrepassati i paesi ci siamo ritrovati a passare tra nere distese di vecchie colate laviche, ravvivate a tratti solo da alberi di ginestre fioriti e pochi altri arbusti.
Il tragitto previsto della giornata era breve e poco impegnativo, ma comunque ci ha dato modo di vedere vari ambienti: dalle ricche pinete ai tratti di bosco a latifoglie, passando per zone più brulle dove domina l’astragalo siculo (chiamato anche “spino santo” … almeno finché non ti avvicini e ti pungi!) e le candide betulle dell’Etna, talmente adattate all’ambiente che al salire della quota – anziché alte e dritte – crescono nane e tutte contorte; inoltre abbiamo potuto contare sulla guida di Christopher che è un vulcanologo ed stato pronto ad illustrarci tutte le particolarità dei luoghi attraversati.
In poche ore, accompagnati dai sordi boati delle incessanti esplosioni vulcaniche, siamo arrivati al rifugio Citelli (1741m) – piccolo, ma molto confortevole e con una spettacolare vista fino alla costa sottostante – con ancora tempo ed energie sufficienti per esplorare i dintorni. Così, pur tra nubi basse di condensa e fumo del vulcano, abbiamo deciso di scendere verso i vicini Monti Sartorius (1667m), una serie di sette conetti eruttivi allineati, detti “bottoniera”, originati nel 1865. Per noi queste collinette sono state come delle montagne russe: su e giù tutto attorno ai crateri facendo a gara a chi sollevava più polvere camminando ... niente di meglio per stuzzicare l’appetito!
Poi la sera in rifugio, tra i gustosi piatti tipici e qualche nozione di geologia, ci siamo goduti l’incredibile spettacolo pirotecnico del vulcano, che col buio ha dato il meglio di sé.

Il terzo giorno si è rivelato il più intenso di tutti: dopo aver raggiunto con il pulmino la Pineta Ragabo (costituita prevalentemente da svettanti esemplari di pino laricio), abbiamo caricato per bene gli zaini con tutto l’occorrente per due giorni di trekking, durante i quali abbiamo percorso oltre una trentina di km lungo la Pista Altomontana, che a queste quote copre quasi metà della circonferenza del vulcano.
Passo dopo passo, i paesaggi attraversati sono stati sempre molto vari: a ricche macchie di vegetazione si alternavano immense colate laviche di varie epoche, mentre verso valle si potevano distinguere Randazzo, Bronte ed altri paesini dell’entroterra i cui rilievi erano spesso ornati da lunghe file di pale eoliche.
Tra una chiacchera e l’altra, abbiamo proseguito tranquillamente lungo la strada per quasi tutta la mattinata fino a ritrovarci ad attraversare un’assolata distesa di lave dalle curiose forme “cordate” formatesi durante l’eruzione durata dal 1614 al 1624. Qui ci siamo fermati per poter esplorare brevemente la Grotta dei Lamponi (1426m), all’interno della quale abbiamo potuto scoprire le stalattiti di rifusione (dette “denti di cane”), oltre che godere anche di un po’ di dovuto refrigerio.
Dopo questa breve pausa abbiamo ripreso il cammino attraverso il Passo dei Dammusi (l’etimologia indica delle costruzioni a volta, dovute al suonare a vuoto delle lastre di lava superficiale) e siamo arrivati al rifugio Monte Spagnolo (1440m) per il pranzo e un po’ di relax all’ombra, prima di ripartire in direzione della nostra meta: il rifugio di Monte Scavo (1705m). In effetti gli ultimi km in salita, dopo aver camminato tutto il giorno sotto al sole con lo zaino pesante, sono stati un po’ lunghi da finire così, quando quasi all’improvviso siamo sbucati davanti al bivacco per noi è stata davvero una bella sorpresa.
Il bivacco era costituito da un’unica stanza con nient’altro che un tavolo attorno al pilastro di sostegno centrale ed un camino nell’angolo: molto spartano ma sufficientemente ospitale, almeno a giudicare dalla presenza dei piccoli e timidi scorpioni che lo popolavano …

Dopo una lunga nottata “alla russa”, il quarto giorno fortunatamente ci siamo rimessi in marcia con gli zaini un po’ più leggeri ma, nonostante ciò, dopo nemmeno un’ora di cammino ci siamo concessi una sosta per ammirare un’impressionante voragine in un canale di scorrimento, quindi, alleggeriti dagli zaini, siamo saliti sul vicino Monte Annunziata (1805m) dalla cui cresta abbiamo potuto godere di un’ampia panoramica verso valle.
Dato che era domenica, lungo la pista abbiamo incrociato anche parecchi ciclisti ed alcuni escursionisti locali che guardavano incuriositi la nostra polverosa “carovana”. Poi, man mano che proseguivamo, i sempre più frequenti segni umani ci facevano intuire la prossima fine del percorso ed infatti, in tarda mattinata siamo usciti sulla strada asfaltata presso il Giardino Botanico Nuova Gussonea, a cui abbiamo riservato anche una visita veloce.
Ormai piuttosto stanchi e decisamente accaldati, alla fine siamo arrivati ad un’oasi ombrosa dove – non è un miraggio! – Giorgio e Grazia (che per un problema ad un ginocchio aveva dovuto lasciare il gruppo dopo il primo giorno), ci aspettavano con il pranzo già pronto quindi, una volta ristorati, ci siamo trasferiti col pulmino fino al rifugio Sapienza (1910m).
Definire il Sapienza come rifugio in effetti è un po’ difficile: si tratta di un vero e proprio albergo dotato di tutti i confort situato in una piana dove abbondano parcheggi, ristoranti e bancarelle di souvenir, oltre ovviamente a turisti delle più svariate nazionalità. Ad ogni modo, è stato davvero piacevole potersi fare finalmente una bella doccia, mettersi “in ghingheri” per cenare al ristorante e dopo godersi una fresca passeggiata al chiar di luna, ascoltando la musica dei vari locali e, perché no, facendo pure quattro salti …

Lunedì 10 agosto abbiamo affrontato tutti assieme l’ultima tappa del trekking.
Il primo tratto di salita l’abbiamo fatto comodamente in cabinovia, che in una manciata minuti ci ha portato direttamente a quota 2490m, dove, complice anche il cielo coperto, sembrava davvero di essere sbarcati sul suolo lunare, solo che, al posto dei L.E.M., c’erano dei grandi mezzi fuoristrada in attesa dei primi turisti.
Allontanati rapidamente dalla funivia, per scaldarci abbiamo subito conquistato i bordi del cratere de La Montagnola (2648m), quindi scesi di nuovo sulla pista che attraversa il Pian del Lago, abbiamo proseguito spediti in direzione dei crateri sommitali, nonostante fossimo ripetutamente impolverati dai numerosi fuoristrada di passaggio.
Purtroppo la grande attrattiva rappresentata dal vulcano in piena attività, per noi ha significato anche un limite per motivi di sicurezza nella quota massima raggiungibile. Una volta arrivati all’avvallamento vicino a dove sorgeva la Torre del Filosofo (2940m), tra esplosioni e cupi boati, abbiamo potuto ammirare la nuova bocca di sud-est apertasi a luglio con la sua variopinta sommità (a seconda degli elementi chimici fuoriusciti dalle profondità della terra) e l’impressionante spettacolo di sbuffi neri e lanci di lapilli.
A questo punto, persuasi a non poter andare oltre, siamo rientrati attraversando altri piccoli crateri di recente formazione (eruzioni del 2001 e del 2002-03), tra cui il Barbagallo dalle vivaci tonalità rosse, gialle e bianche, quindi ne abbiamo sceso di corsa i ripidi pendii fino all’imbocco di un canale di scorrimento, al cui interno siamo poi risaliti tra sottili lastre di lava e sbuffi di gas vari.
Dopo la pausa pranzo, con il gustoso quanto unto arancino del nostro pranzo al sacco, siamo scesi riattraversando trasversalmente l’intero Pian del Lago fino a raggiungerne l’estremo limite sud-est per andare a contemplare la Valle del Bove: suggestiva, nel suo aspetto primordiale, quanto vasta (larga 5 km, lunga 7 km e profonda fino a 1 km). Quindi siamo risaliti passando a fianco dell’enorme voragine della Cisternazza e ritornati verso gli impianti.
Stavolta, a parte Grazia ancora claudicante, siamo scesi a piedi lungo un avvallamento: i finissimi lapilli erano più scorrevoli di qualsiasi altro ghiaione mai percorso prima e correre a perdifiato giù per la sciara sollevando enormi nuvole di polvere è stato sicuramente uno dei momenti più divertenti in assoluto.
Raggiunta velocemente la quota del Sapienza, dopo un ultimo sguardo verso i due crateri dei Monti Silvestri che ne chiudono la piana sul lato est, siamo rientrati al rifugio per raccogliere le nostre cose e prepararci al rientro alla sede CAI.

La sera, stanchi ma soddisfatti, abbiamo festeggiato tutti assieme a Catania la conclusione della nostra avventura: sono stati giorni davvero intensi ma, nonostante ciò o, forse, proprio per questo, sono passati fin troppo velocemente. Le emozioni vissute – di ciascuno di noi o condivise con il resto del gruppo – sono state talmente tante che è difficile cercare di trasmetterle …
Quel che è certo è che il Trekking dell’Etna ci ha dato modo di vivere sulla nostra pelle un ambiente completamente diverso dalle montagne che frequentiamo solitamente e che difficilmente da turisti avremmo potuto apprezzare pienamente. Abbiamo potuto conoscere da vicino un territorio nuovo – e in continuo rinnovamento – in cui speriamo di poter ritornare ancora in futuro.
E questo, sicuramente vale anche per la Sicilia in generale, dato che dopo il trekking, in cinque di noi ci siamo concessi una settimana di turismo per cercare di scoprire un po’ di più anche dell’isola visitando, o anche solo attraversando, quanti più luoghi possibili: un meraviglioso caleidoscopio di colori, di sapori, di parlate, di volti ... e tanto sole!


  Primo giorno: si parte!

  Primo giorno: Catania

  Secondo giorno: l'inizio del trekking

  Secondo giorno: Helichrysum

Secondo giorno: spiegazioni

Secondo giorno: rifugio Citelli

  Secondo giorno: Monti Sartorius

  Secondo giorno: Betula aetnensis


  Secondo giorno: l'Etna dà spettacolo!

 
Terzo giorno: belli carichi lungo la Pista Altomontana

   Terzo giorno: Carlina corymbosa

     Terzo giorno: ingresso della Grotta dei Lamponi


      Terzo giorno: nella Grotta dei Lamponi

 Terzo giorno: Passo dei Dammusi

 Terzo giorno: rifugio di Monte Spagnolo
 
 Terzo giorno: bivacco di Monte Scavo

 Quarto giorno: Monte Nunziata


Quarto giorno: lungo l'Altomontana

 Quarto giorno: rifugio Sapienza

 Quinto giorno: Salendo a La Montagnola

  Quinto giorno: Lungo la pista di Pian del Lago

 Quinto giorno: Lungo la pista di Pian del Lago raggiungendo quota 2900m

  Quinto giorno: la nuova bocca di sud est e dietro il Cratere di Sud-Est

  Quinto giorno: la nuova bocca di sud est

  Quinto giorno: Cratere Barbagallo

  Quinto giorno: Cratere Barbagallo

  Quinto giorno: Cratere Barbagallo

  Quinto giorno: entrando nel canale di scorrimento

 
  Quinto giorno: Cratere Barbagallo dal Pian del Lago

 Quinto giorno: Pian del Lago e La Montagnola

 Quinto giorno: bomba lavica

 Quinto giorno: Valle del Bove

 
  Quinto giorno: Valle del Bove

 
  Quinto giorno: Anthemis aetnensis

  Quinto giorno: Verso la Cisternazza

  Quinto giorno: scendendo lungo la sciara, al centro i Crateri Silvestri






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